BARI - Poggiofranco il «nuovo» Umbertino: la spinosa questione è aperta. Che si tratti di movida o di episodi isolati legati a vandalismo e inciviltà, la certezza è che i due quartieri attualmente presentano problematiche simili.
Zone critiche che registrano un affollamento eccessivo, concentrazione di alcuni locali in pochi isolati peraltro caratterizzati da una viabilità mai scorrevole, il concreto pericolo di diventare luoghi fertili per spaccio e criminalità. Notti insonni vissute dai residenti, schiamazzi senza interruzione, frequenti interventi della polizia locale rappresentano altri comuni denominatori.
Al punto da far scattare la valutazione di adottare anche a Poggiofranco le misure già varate in centro: dalla chiusura anticipata delle attività dedicate al «food & beverage», alle modalità di asporto di cibo e bevande, fino all’obbligo di abbassare le saracinesche entro determinati orari e di limitare la consumazione all’interno dei locali al fine di preservare la quiete degli abitanti.
Esattamente come l’Umbertino, anche Poggiofranco ha il suo «angolo» critico che si trova in via Mazzitelli. Locali in serie concentrati in una sola strada che denota pochi parcheggi, una strettoia nella quale l’assembramento di auto rende complessa la viabilità, per poi sfociare in un tratto larghissimo che pare essere diventato una sorta di pista notturna per le gare tra auto e motociclette di grossa cilindrata.
Il rombo dei motori, la musica diffusa in piena notte da casse acustiche, oppure migliaia di ragazzi che addirittura aggiungono sedie ai tavolini dei locali (dopo l’orario di chiusura) per trattenersi fino all’alba erano tutti fenomeni che già avvenivano regolarmente. Il sospetto, però, è che la situazione si sia amplificata nelle ultime due settimane, ovvero dopo la «stretta» sull’Umbertino. Come se una parte dell’utenza del centro fosse migrata in un rione più periferico.
Un’ipotesi plausibile, se è vero che gli ultimi weekend hanno registrato un flusso maggiore anche in corso Vittorio Emanuele e in alcune zone della città Vecchia. I controlli più severi ed il divieto di preservare la tranquillità potrebbero in effetti aver spinto i giovani in luoghi comunque di tendenza, ma dove esiste una maggiore flessibilità.
E allora, ecco ripetersi dinamiche note. Da un lato i residenti reclamano legittimamente il diritto al riposo notturno: chiedono aiuti e confronti con le istituzioni, reclamano soprattutto un più ampio dispiegamento di forze dell’ordine proprio a tutela dei figli in età adolescenziale che frequentano la zona, ma gradirebbero anche una gestione diversa di rifiuti e smaltimenti che, proprio a causa delle molte attività di ristorazione, sovente si ritrovano addensati ai bordi delle strade.
Dall’altro lato, si percepisce l’ansia dei gestori del «food & drink»: imprenditori che comunque hanno avuto il via libera per aprire ed investire su attività dislocate in una parte della città relativamente «nuova» e soggetta a prossimi sviluppi. C’è chi soltanto adesso vede un raggio di luce dopo la sferzata della pandemia o chi ha dovuto ricalibrare intere politiche commerciali dopo il rincaro dei consumi. L’eventuale inserzione di limiti e paletti, insomma, potrebbe rivelarsi letale. Ma soprattutto gli esercenti riterrebbero tali misure semplici palliativi, rimedi idonei soltanto a contrastare emergenze momentanee, senza risolvere il problema alla base.
Il punto di incontro, invece, sarebbe nel ripensare spazi e concessioni, sensi di marcia e viabilità, in modo da far scorrere il flusso dell’utenza in modo più ordinato. Ma soprattutto i proprietari dei locali vorrebbero che le analisi fossero mirate a specifiche contingenze. Insomma, va trovato un punto di equilibrio mettendo sulla bilancia ogni esigenza.