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Il ricordo dell'11 settembre 2001 negli occhi di un barese: «Così vidi la metropoli nel terrore»

Il ricordo dell'11 settembre 2001 negli occhi di un barese: «Così vidi la metropoli nel terrore»

 
Davide Lattanzi

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Davide Lattanzi

Il ricordo dell'11 settembre 2001 negli occhi di un barese: «Così vidi la metropoli nel terrore»

L’odontoiatra Roberto Luongo era in volo verso New York quando caddero le Torri Gemelle

Mercoledì 11 Settembre 2024, 11:17

BARI - 23 anni fa era su un volo diretto a New York, proprio nelle ore dell'attacco terroristico al World Trade Center. In realtà, quell'aereo tornò in Italia a metà del percorso, ma Roberto Luongo, odontoiatra barese, ha davvero vissuto sulla pelle il dramma dell'attentato alle Torri Gemelle. In quel periodo, infatti, viveva nella Grande Mela per conseguire una specializzazione in «Implant Dentistry» alla New York University Colleg of Dentistry. «Oltre l'esperienza personale – ricorda Luongo - davvero si tratta di un evento che ha cambiato il mondo nei sentimenti, nella percezione della sicurezza e anche in uno spirito in cui gli americani andrebbero considerati un modello. Forse i giorni seguenti all'11 settembre sono stati persino emblematici rispetto alle immagini terribili che tutti abbiamo visto migliaia di volte».

Luongo ripercorre la sua vicenda nei dettagli. «Il 10 settembre 2001 – racconta - sarei dovuto rientrare negli Stati Uniti, ma per un problema ad un dito rinviai il volo al giorno successivo. Partimmo da Roma, ma dopo circa quattro ore, quando già eravamo sull'Oceano, vidi dal finestrino una scia bianca che nettamente denotava l'inversione di rotta dell'aereo. Poco dopo cominciarono le comunicazioni che, opportunamente, mirarono a mantenere serenità tra i passeggeri: ci dissero che gli aeroporti erano chiusi per guasti o problemi tecnici e ci rendemmo conto della situazione soltanto quando rientrammo a Roma. L’aeroporto era pieno di telecamere, ci intervistarono pensando che fossimo al corrente dei fatti, molti parenti di chi era partito si precipitarono a Fiumicino: in quei frangenti, nell’immaginario collettivo, ogni aereo partito alla volta di New York poteva essere tra quelli che si schiantarono sulle Torri. La nostra odissea, peraltro, non si concluse con il rientro nella Capitale: in serata, infatti, partii per Bari, ma il volo non atterrò per un problema all’alettone di frenata e nuovamente rientrò su Roma. Soltanto alle prime ore del giorno dopo riuscii a tornare in Puglia».

Luongo, però, doveva pur sempre riprendere gli studi in America, ma quando si ripresentò a New York trovò una città profondamente cambiata. «Non potrò mai dimenticare due particolari», prosegue. «Innanzitutto l’odore acre fortissimo che proveniva dalla zona delle macerie e si propagava a chilometri di distanza. E poi ogni angolo delle strade era tappezzato dai volantini con la scritta «Missing» che riportava i dati e le fotografie dei dispersi. Furono settimane scandite dal dolore e dalla psicosi collettiva: da un lato si temevano nuovi attacchi terroristici, dall’altro il presidente degli Stati Uniti, George Bush, avviava la «reazione» americana con la guerra al terrorismo. Per dare un’idea dell’atmosfera che si respirava, basti pensare che il volo con cui tornai a New York circa una settimana dopo era praticamente deserto».

Eppure, persino una tragedia che causò quasi tremila vittime ha generato uno sorta di inno alla vita. «Ho sempre pensato che Manhattan fosse un luogo di svago, di divertimento e leggerezza», conclude Luongo. «La verità, invece, è che New York fu colpita in un simbolo della vita lavorativa, finanziaria, del turismo. Ma proprio lì è sorta la rinascita che parte dalla consapevolezza di non dimenticare, ma allo stesso tempo di costruire il futuro. Non so se da fuori si è mai percepito, ma io vidi un popolo che, pur nelle sue diversità persino etniche, si unì in maniera incredibile nel segno della solidarietà. Vedere le auto circolare con la bandierina americana esposta era un piccolo, grande, segno di resilienza. Una metropoli ferita profondamente dimostrò che, pur volendo recuperare, i suoi tratti distintivi, intendeva dare spazio anche alla riflessione, al dolore e al dramma. Senza, tuttavia, perdere la voglia di ritrovare il sorriso». Luongo è un libero professionista ed è stabilmente a Bari, ma New York resta una tappa fissa per motivi professionali.

«Dal 2012 - conclude - ricopro l’incarico di Adjunt Clinical Instructor proprio alla University College of Dentistry: sono una sorta di «visiting professor» e vado a New York almeno una volta all’anno. La lezione più preziosa che porto nel cuore? Nulla potrà cancellare l’11 settembre 2001: per chi l’ha vissuto direttamente e per le generazioni successive. I controlli sulla sicurezza si sono moltiplicati, le attenzioni non sono nemmeno paragonabili a quelle precedenti all’attentato. Gli americani stessi forse hanno un animo diverso. Ma anche gli eventi storici più traumatici possono generare sentimenti ed energie straordinarie».

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