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Conbipel, dopo Japigia il negozio a Bari chiude anche a Santa Caterina

 
Rita Schena

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Rita Schena

Conbipel, dopo Japigia il negozio a Bari chiude anche a Santa Caterina

Sono quindici i lavoratori in cassa integrazione

Martedì 03 Settembre 2024, 10:02

BARI - Meno di tre settimane e il punto vendita Conbipel di Santa Caterina calerà la saracinesca. «Terminiamo la vendita al pubblico il 19 settembre e saremo messi in nove in cassa integrazione – spiega una delle dipendenti -. Seguiamo quanto già accaduto al punto vendita del centro commerciale di Japigia dove c'erano cinque colleghi».

Tra Japigia e Santa Caterina tra poche settimane saranno una quindicina i dipendenti posti in cassa integrazione a zero ore. E se non ci sarà una svolta dal primo gennaio 2025 l'ipotesi è finire tutti in Naspi. Al momento nel Barese l'unico negozio a marchio Conbipel che resiste è nel centro commerciale di Casamassima.

Conbipel è sull'orlo del fallimento a livello nazionale. Si sta trattando per un salvataggio negoziale, ieri il tribunale ha concesso tre mesi prorogabili alla proprietà (la Btx group) per far quadrare i conti. «La beffa è che il punto vendita di Santa Caterina aveva i conti a posto – commentano i dipendenti -, ma non è servito».

La storia di Conbipel a Bari è lunga quasi 20 anni, i punti vendita avviati nel 2004. «Proprio l'altro giorno abbiamo incontrato una signora che veniva da noi con la bambina di pochi anni, ora è una donna - raccontano alcune dipendenti -. Fa male: l'impegno, le energie profuse, per trovarti poi con nulla in mano. Tra noi ci sono alcuni monoreddito, cosa ne sarà del futuro, ora?»

La Btx group ha rilevato il marchio Conbipel nell'agosto del 2022, dopo un periodo già di burrasca avviato con il Covid che portò ad una prima (rispetto all'attuale) amministrazione straordinaria del 2021. In questi ultimi anni seguire gli assetti societari non è semplicissimo: la Btx Italian Retail and Brands che fa capo alla società danese Brx Group è acquisita a sua volta da Grow Capital Global nel 2019. Scatole finanziarie e imprenditoriali più interessate a giochi finanziari che altro, tra i quali un finanziamento di 15 milioni che a questo punto viene da chiedersi che fine abbia fatto.

«Il 2020 è stato un anno terribile. Eravamo a casa per il lockdown quando ci arrivò la notizia dell’amministrazione straordinaria, che i conti erano in rosso. Una doccia fredda visto i finanziamenti. Speravamo di esserci messi alle spalle quella brutta esperienza e invece dopo 4 anni eccoci qua, forse anche peggio di allora».

Dalla concorrenza delle vendite on line, ai rincari degli affitti dei centri commerciali, sono tanti i motivi che possono aver portato il marchio verso il fallimento. «Quello che brucia è che noi lavoratori ci troviamo con tutte le incognite di una disoccupazione che incombe, mentre i vertici aziendali nazionali in tutti questi cambi societari sono sempre lì. Noi siamo quelli che ogni mattina si alzavano e andavano a lavorare ed ora rischiamo tutto, loro invece sempre saldi sulle loro poltrone».

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