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Bari, sì del Tribunale al concordato Beton: salvati 14 lavoratori

 
Giovanni Longo

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Giovanni Longo

Bari, sì del Tribunale al concordato Beton: salvati 14 lavoratori

La Quarta sezione civile del Tribunale di Bari ha omologato il concordato preventivo, respingendo la domanda di liquidazione giudiziale (il fallimento)

Mercoledì 24 Luglio 2024, 13:01

BARI - Sospiro di sollievo per Betoninpianti, azienda barese della galassia Matarrese: la Quarta sezione civile del Tribunale di Bari ha omologato il concordato preventivo, respingendo la domanda di liquidazione giudiziale (il fallimento). Respinta l’opposizione dell’Agenzia delle Entrate, principale creditore dell’azienda specializzata nella produzione di manufatti in cemento e calcestruzzo. Il Fisco sostanzialmente si era opposto alla domanda di concordato preventivo in continuità «indiretta», che prevede l’affitto degli impianti della zona industriale e il futuro acquisto da parte di una società affittuaria che si è impegnata a salvaguardare anche i 14 posti di lavoro.

Per l’Agenzia delle Entrate Betoninpianti doveva fallire, ma il Tribunale ha applicato il cosiddetto «cramdown fiscale»: ha autorizzato una ristrutturazione del passivo (in questo caso circa 13,5 milioni, dei quali oltre la metà vantati dal Fisco) mediante l’omologazione «forzata» della proposta di soddisfacimento dei creditori. Insomma, tra un fallimento che comporterebbe il rischio concreto per i creditori di incassare poco e nulla e la scialuppa di salvataggio rappresentata dal concordato che consentirebbe agli stessi creditori, compreso il soggetto pubblico Agenzia delle Entrate, di potere incassare almeno parte di quanto vantato, meglio optare quest’ultima strada, il male minore. Advisor per Betonimpianti, il prof. Francesco Campobasso e l’avv. Francesco Ferarri; commissari giudiziali Davide Liuni e Gabriele Zito. A rappresentare la Procura, il pm Angela Maria Morea. «Il Collegio - scrivono i giudici Raffaella Simone, presidente ed estensore, Assunta Napoliello e Michele De Palma - condivide l’interpretazione estensiva dell’istituto (del cramdown, ndr) finalizzata al superamento del diniego in presenza di proposte non deteriori rispetto all’alternativa liquidatoria». Nessun «uso distorto dello strumento» dal momento che la proposta concordataria «offre risorse esterne a soddisfo dei creditori chirografari sia pure in percentuali modeste, che nello scenario della liquidazione giudiziale non riceverebbero alcuna soddisfazione». Per non parlare della «maggiore durata dell’iter della liquidazione giudiziale» e del «rischio, nell’alternativa liquidatoria, della compromissione dell’attività aziendale e dei rapporti di lavoro subordinato».

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