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Irccs Castellana, studio sui tumori: «Così blocchiamo la proteina killer»

 
Emanuele Caputo

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Emanuele Caputo

Irccs Castellana, studio sui tumori: «Così blocchiamo la proteina killer»

Giovedì 04 Luglio 2024, 21:04

CASTELLANA GROTTE - La chiave di volta per aumentare l’efficacia della chemioterapia nei tumori del colon potrebbe essere nascosta nella proteina “Smyd3” delle cellule tumorali e nella possibilità di bloccarla farmacologicamente. È l’importante evidenza emersa dai risultati, pubblicati sul numero di maggio della rivista scientifica internazionale “Journal of Experimental & Clinical Cancer Research”, a seguito degli studi condotti negli ultimi cinque anni dal team di ricercatori (guidato dal genetista Cristiano Simone di Uniba) dell’istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) “Saverio de Bellis” di Castellana Grotte con il sostegno della Fondazione Airc. Il blocco dell’attività di questa proteina può infatti impedire alle cellule tumorali del colon retto di sviluppare una resistenza ai chemioterapici – fenomeno analogo a quello più noto della resistenza agli antibiotici - aumentandone l’efficacia.

«Smyd3 - spiega Simone - è una proteina “operaia” coinvolta nella riparazione del Dna che consente alle cellule, sia sane che neoplastiche, di compensare i danni cellulari indotti dai chemioterapici. Nelle cellule tissutali dei pazienti con neoplasie gastrointestinali questa è tuttavia espressa in eccesso ed è proprio il meccanismo di difesa dall’azione di questi farmaci verso cui sviluppano una vera e propria resistenza alla base delle recidive. In questi tumori abbiamo dimostrato che, una volta identificata Smyd3 come bersaglio terapeutico, l’impiego di un suo nuovo inibitore aumenta l’efficacia dei chemioterapici permettendo di eliminare in maniera mirata le cellule cancerose e risparmiando quelle sane. Un approccio terapeutico che rappresenterebbe un’arma vincente non solo per evitare la resistenza ai chemioterapici ma anche per ridurne le dosi limitando sia gli effetti collaterali sia i costi».

L’inibitore peraltro è già stato validato scientificamente nel “de Bellis” e brevettato in Italia ed è in fase di approvazione a livello internazionale. Il trasferimento tecnologico, fortemente perseguito dalla direzione scientifica, rappresenta un punto di forza della ricerca dell’istituto pugliese, offrendo anche opportunità allo sviluppo dell’imprenditorialità territoriale. «Questo è il risultato vincente di uno studio multidisciplinare - sottolinea Gianluigi Giannelli, direttore scientifico dell’istituto specializzato in gastroenterologia - in cui ricercatori, chirurghi, oncologi, anatomo-patologi hanno lavorato in squadra proprio come avviene in tutti i grandi centri di ricerca internazionali».

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