MODUGNO - «Incendio colposo di rifiuti in gestione aziendale». È il reato contestato in concorso a Michele Terrone e Luigi Bernardino Verzillo, rispettivamente amministratore unico e responsabile del servizio di prevenzione e protezione aziendale della Recuperi Pugliese, l'impianto di stoccaggio rifiuti dove il 6 giugno scorso si è verificato un «rilevante» incendio, il terzo nell'ultimo anno e mezzo.
L'accusa è contenuta nel provvedimento di sequestro preventivo di parte della struttura notificato nei giorni scorsi dai carabinieri, all'esito dei primi accertamenti disposti dalla Procura, rilievi fotografici e nota dei vigili del fuoco «dalla quale emerge - si legge nel provvedimento cautelare - l'inadeguatezza dell'impianto e i rischi per il prosieguo dell'attività individuata allo stato come abusiva sotto il profilo della prevenzione incendi», tenuto conto - secondo il pm Baldo Pisani - che non sono stati ancora completati i lavori di adeguamento di prevenzione incendi stabiliti d’accordo con il comando dei vigili del fuoco a settembre 2023, dopo il secondo rogo. Peraltro, secondo gli inquirenti baresi, i chiarimenti della società «in ordine alla mitigazione del rischio mediante adozione di accorgimenti non può ritenersi garanzia sufficiente». Ragione per la quale si è ritenuto necessario procedere al sequestro urgente di alcune delle aree destinate allo stoccaggio e al depositi dei rifiuti (quelle sostanzialmente interessate dall’ultimo rogo e dai due precedenti) all'interno del sito in Contrada Gammarola, nella zona industriale di Modugno, che resta comunque operativo.
Lo stabilimento stocca imballaggi di materiale plastico e di carta e, come nei precedenti roghi di gennaio e di settembre 2023, anche l'ultimo - sulle cui causa sono ancora in corso accertamenti ma è probabile che sia partito da una zona di confine esterna al sito - ha distrutto quintali di rifiuti accatastati nel piazzale. Quando i vigili del fuoco, spente le fiamme, hanno fatto una ricognizione dello stato dei luoghi, hanno evidenziato che «l’area non era completamente delimitata da paratie resistenti al fuoco che la separassero da altre aree di stoccaggio limitrofe» e che «la stessa non era protetta da nessun presidio di estinzione degli incendi».
Le lunghe e robuste lingue di fuoco che per ore, venti giorni fa, hanno interessato il piazzale esterno, non hanno toccato l’edificio e gli spazi interni e, fortunatamente non hanno provocato feriti o intossicati tra gli operai che erano al lavoro in quel momento, ma secondo gli investigatori all'azienda vanno comunque contestate «l'omessa attuazione delle procedure finalizzate ai controlli di prevenzione incendi da parte dei vigili del fuoco e all’ottenimento del titolo abilitativo all’esercizio ai fini antincendio conseguentemente alle variazioni/ampliamenti apportati all’attività precedentemente autorizzata» e «l'assenza di misure per prevenire ed estinguere gli incendi e per tutelare l’incolumità dei lavoratori».
Al di là del procedimento penale in corso, i vigili del fuoco hanno elencato una serie di prescrizioni «al fine di tutelare l'incolumità di tutti i fruitori dell'attività e dei lavoratori e allo scopo di preservare i beni». Entro 90 giorni l'azienda dovrà «adempiere alle procedure» per adeguare l'abilitazione antincendio e, nel frattempo, «al fine di poter proseguire comunque l’esercizio dell’attività, in sufficienti condizioni di sicurezza», dovrà «immediatamente far compiere a un professionista abilitato una valutazione complessiva circa la necessità o meno di porre in atto misure gestionali e di emergenza momentanee finalizzate alla mitigazione dei rischi conseguenti alle eventuali difformità in atto nei riguardi delle norme di prevenzione incendi». Secondo gli investigatori, cioè, «l’attività, allo stato, esercisce non in condizioni di sicurezza».