BARI - Per San Nicola e per Santa Rita, per «una presta libertà», per tutti i sacramenti e «in onore dei padrini». Tra devozione, ritualità, messaggi subliminali della camorra barese e business illegale. Si festeggia con i botti nel quadrilatero di Japigia, gran bazar dello spaccio, tra le case popolari di via Appulo, via La Pira, via Rocca e via Archimede la sera di Santa Rita da Cascia, patrona delle famiglie, delle donne sposate infelicemente, dei casi disperati e apparentemente impossibili, protettrice di salumieri, pizzicagnoli e serigrafi. Fuochi d’artificio portati avanti per un’ora e mezza, con intervalli di 10 minuti (quel che serve per ricaricare le batterie), con il cielo che si è illuminato e l’aria si è riempita dell’assordante riecheggiare dei botti.
Il più grande spettacolo, dopo il week end, iniziato alle 20 a metà di via Archimede e concluso con l’ultima batteria alle 21,25.
Era da tempo che a Japigia «non si sparava». E non è solo folclore. Il rituale della festa con botto d’artificio, entrato nel malcostume barese, kitsch un po’ villano, non è solo abuso ed esagerazione ma un linguaggio cifrato che la camorra continua ad utilizzare per ricordare ad amici, nemici e vicini di casa che «noi siamo qui e facciamo quello che ci pare».
Lo spettacolo anonimo, clandestino, spesso fuorilegge che ossessivamente si ripete nelle sere (e notti) baresi con maggiore clamore nei quartieri a più alta incidenza criminale, testimonia, secondo Matteo Magnisi (ma non solo lui), già consigliere comunale, «una preoccupante occupazione da parte della malavita di diversi quartieri della città e per certi aspetti un grave comportamento di arroganza».
Magnisi, ha fatto della guerra ai botti una crociata. Nel passato recente, si è armato di carta e penna e ha presentato un esposti alla Procura della Repubblica. «Dopo un lungo silenzio, legato sicuramente alle operazioni coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia - spiega Magnisi - nel nostro quartiere la sera di Santa Rita, inspiegabilmente, si è ripreso a dare spettacolo e a fare rumore con forza e per un’ora e mezza. I fuochi in onore di San Nicola, sono stati più brevi e meno potenti. Ci risiamo?»
Gli spettacoli pirotecnici clandestini parlano in codice a chi ha orecchie per sentire. Se ne possono acquistare liberamente nei negozi autorizzati. Ma non tutti sono a norma e a Bari sono diventati un caso di ordine pubblico. Un «fenomeno» fuori controllo che ha messo in moto la macchina della pubblica sicurezza. «No botti (illegali), no party». Non c’è festa di compleanno, di laurea, di matrimonio, di prima comunione, non c’è «free party» in discoteca senza botti, rigorosamente non autorizzati.
E poi quando la festa è troppo «cool» capita che vie, piazze e vicoli vengano espropriati per lasciare spazio alla pioggia di fuoco. Strumenti di comunicazione primitivi sono diventati anche un business sommerso quanto redditizio. Esiste una catena di botteghe clandestine gestite da una rete di venditori legati al mondo della criminalità. Polveriere in mano a ex contrabbandieri. Un mercato nero che utilizza gli stessi canali di approvvigionamento e spesso la stessa manovalanza. I cieli della città si illuminano per 12 mesi all’anno. Un capodanno perenne. Nascite, battesimi, comunioni, matrimoni tutto deve essere rumoroso, clamoroso, malavitoso. Festa è rumore ma anche un modo per rivendicare il controllo del territorio, per spaventare gli avversari, per segnare il territorio.