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Bari, l’assassino del fisioterapista al giudice «Non volevo ucciderlo, ma spaventarlo»

 
linda cappello

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L’assassino del fisioterapista al giudice «Non volevo ucciderlo, ma spaventarlo»

L’arrestato ha spiegato di aver distrutto la pistola usata per l’omicidio di Di Giacomo e di non aver colpito la vittima al volto durante la colluttazione prima di sparare

Giovedì 23 Maggio 2024, 14:28

BARI - La pistola con la quale il carpentiere Salvatore Vassalli ha ucciso il fisioterapista barese Mauro Di Giacomo è stata fatta a pezzi. È quanto ha dichiarato l’indagato nel corso dell’interrogatorio di garanzia che si è svolto nei giorni scorsi innanzi al gip Nicola Bonante e all’aggiunto Ciro Angelillis. L’uomo si trova nel carcere di Borgo San Nicola dal 16 marzo, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere notificata dagli agenti della squadra mobile. Vassalli ha fornito una sua ricostruzione dell’accaduto che sostanzialmente - se venisse avvalorata dalla procura - farebbe cadere tanto l’aggravante della premeditazione quanto quella dell’aver agito con crudeltà.

Il movente - I rancori fra i due - si legge nelle carte dell’inchiesta - nascono in seguito alla causa civile avviata dalla famiglia nel 2020 davanti al Tribunale di Trani nei confronti del professionista, reo a loro dire di aver effettuato nel 2019 una manipolazione sbagliata alla figlia di Vassalli, intervenendo sul rachide cervicale. In sede giudiziaria, i ricorrenti hanno chiesto un risarcimento pari a 230mila euro, o in subordine di almeno 45mila, sostenendo che la paziente abbia subito un danno permanente causato da uno «shock midollare». L’ultima udienza si era celebrata il 7 dicembre, una decina di giorni prima del delitto, con rinvio a oggi.

L’indagato ha raccontato che il giorno dell’omicidio, il pomeriggio del 18 dicembre 2023, aveva accompagnato la figlia dal dentista, a Bari: pare che la ragazza non sarebbe riuscita a mettere neanche la mano vicino alla guancia per le difficoltà motorie sopravvenuti dopo la manipolazione. E vedendola particolarmente sofferente, l’uomo si sarebbe poi deciso ad affrontare Di Giacomo, sapendo come raggiungerlo perché su una vecchia prescrizione era indicato l’indirizzo di casa del fisioterapista.

l’interrogatorio «L’avevo visto poche volte - ha dichiarato - non ero neanche sicuro che fosse lui». Vassalli si avvicina, si accerta dell’identità della vittima. «Volevo solo che si prendesse le proprie responsabilità». Nasce prima un diverbio, Vassalli va su tutte le furie dopo una frase pronunciata dal suo interlocutore e per spaventarlo prende la pistola che aveva in macchina.

L’arma era sua, ha detto. Una vecchia pistola, che aveva dimenticato in auto poiché era sua intenzione recarsi in campagna per esercitarsi a sparare. Pare che il suo intendimento fosse soltanto quello di spaventarlo. E invece pare che il fisioterapista abbia tentato di disarmarlo.

È nel corso di questa colluttazione che Vassalli lo colpisce al volto con il calcio della pistola: la procura, invece, gli contesta di aver infierito sulla vittima quando questa era già esanime sull’asfalto in una pozza di sangue. Nel corso del corpo a corpo, alla fine, partono i colpi: sette, esplosi a distanza ravvicinata. Per Di Giacomo non c’è nulla da fare.

L’arma distrutta L’arrestato, a quel punto, ha detto di essersi liberato della pistola, facendola a pezzi e gettandone le parti in punti diversi. L’uomo non ha nascosto innanzi ai magistrati il dissidio interiore provato nel corso dei mesi successivi, ma ha ribadito di non aver mai avuto intenzione di uccidere il professionista. Fin qui la versione fornita dall’indagato, che stride non poco con la ricostruzione effettuata dagli agenti della squadra mobile e dalla procura.

Vassalli, come detto, risponde di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dall’aver agito con crudeltà: accuse che, se dovessero essere confermate, sono punite con le pena dell’ergastolo.

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