L'interrogatorio
Palermiti jr, il «pentito» diceva del capo clan: «È vecchio, si metta a dormire»
Il figlio di Eugenio parla di Milella, collaboratore di giustizia. «Quando arrivava lui le persone tremavano e avevano paura anche di ridere»
BARI - «Chi è che non sapeva che cosa faceva Milella? Tutti quanti sapevano, da vent’anni, cosa fa Milella. Era un personaggio, le persone tremavano, cioè quando arrivava lui non si muovevano, avevano paura anche a ridere, a giocare loro e loro». A parlare è Giovanni Palermiti, il figlio 48enne del boss di Japigia Eugenio «il nonno». Il Milella di cui descrive la personalità è Domenico, «Mimmo u gnor», ex braccio destro del padre Eugenio e attualmente collaboratore di giustizia. Palermiti ha reso un lungo interrogatorio davanti ai pm della Dda di Bari Fabio Buquicchio, Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano: quasi sette ore contenute in 354 pagine di verbale, nelle quali il figlio del capo clan, tra lacrime e appunti manoscritti, ha raccontato gli ultimi anni di vita dell’organizzazione criminale, dicendosi estraneo agli affari del clan, salvo confessare due omicidi (quello di Nicola De Santis di aprile 2017 e quello di Walter Rafaschieri di settembre 2018).
«MILELLA STA FACENDO GOMORRA» Il verbale integrale dell’interrogatorio è stato depositato tra gli atti del procedimento sugli agguati della primavera 2017 che a giugno approderà in aula. Rispondendo alle domande dei pm Antimafia, Palermiti racconta ciò che sa, e che non sa, sul clan e sui vertici del gruppo mafioso di Japigia. «Milella - chiarisce Palermiti - non è che comandava il clan Palermiti, Milella era lui e basta», tanto che nelle intercettazioni, ricorda il figlio del boss, diceva di Eugenio «“Cudd è fatto vecchio, non serve più, si mettesse a dormire”. E mio padre diceva: “Quello sta facendo i casini, questo sta facendo Gomorra”, perché mio padre non voleva che succedeva tutta questa storia. Che è colpa di mio padre tutto questo casino che è successo?» chiede retoricamente Palermiti, riferendosi agli omicidi del 2017.
LA GUERRA DI MADONNELLA -Giovanni Palermiti spiega ai pm di essere «entrato» nelle questioni del clan dopo l’agguato di marzo 2017 in cui fu ucciso il sodale Giuseppe Gelao e ferito il cugino Antonino Palermiti. Confessa di aver fatto parte del commando di fuoco che un mese dopo ammazzò il rivale Nicola De Santis e di essersi poi «allontanato da Milella, fino a quando quelli del Cep (il San Paolo, ndr) hanno sparato al quartiere Madonnella, mi riferisco a degli spari nei confronti dei ragazzi di Milella», per «interessi di Rafaschieri nel quartiere Madonnella nell’attività di spaccio nonostante vi fosse un accordo tra Carlo Baresi del Cep e Milella sull’argomento».
L'OMICIDIO RAFASCHIERI «A settembre 2018, un venerdì o un sabato, Milella - racconta Palermiti - mi disse che bisognava fare qualcosa. Questa volta andai da mio padre e gli dissi che Milella voleva fare un agguato e lui mi disse di stare fermo, di non farmi coinvolgere. Cercai l’aiuto di mio padre ma capì che lui non era in grado di contrastarlo, forse perché non voleva farsi coinvolgere in un eventuale delitto». Quindi il 48enne, che per il delitto Rafaschieri è già stato condannato in primo grado all’ergastolo, fornisce ai pm i dettagli dell’agguato. «Io non avevo interesse alla Madonnella, ho partecipato a questo delitto perché Milella mi disse che non potevo lasciarli soli». L’agguato si consumò a Carbonara, con i sicari che colpirono i fratelli Rafaschieri durante un inseguimento: Walter fu ucciso, Alessandro rimase ferito. Dopo rapinarono l’auto di un passante per fuggire e raggiungere i sodali fiancheggiatori che si occuparono di incendiare la macchina e i giubbotti antiproiettili e far sparire le armi. Nel racconto di Palermiti c’è anche l’episodio del falso alibi, una multa nel giorno e nell’ora esatta dell’omicidio, ottenuta grazie alla complicità dell’allora comandante della Polizia locale di Sammichele, Domenico D’Arcangelo, condannato per questa vicenda a 5 anni di reclusione. «Dissi che per coprire un adulterio avevo bisogno di qualcosa e mi fu proposto un verbale falso. Mi sono incontrato con questo vigile, gli ho spiegato il fatto di una relazione sentimentale e gli proposi 2.500 euro».
«Dopo l’omicidio Rafaschieri - assicura Palermiti - sono tornato a fare la vita di prima, quello di lavorare». Fino all’arresto di ottobre 2021.