la faida
Bari, trema il clan Palermiti e perde un altro pezzo: si pente Miki «occhi blu»
Il nuovo collaboratore di giustizia è stato arrestato nel blitz Codice interno. Durante un agguato, un colpo finì in una casa dove viveva una famiglia con il rischio di provocare vittime innocenti
BARI - Il clan Palermiti di Japigia perde un altro pezzo. C’è un nuovo collaboratore di giustizia fuoriuscito dal gruppo criminale del quartiere a sud di Bari le cui rivelazioni potrebbero aprire ulteriori crepe nella tenuta degli affari illeciti. È Michelangelo Maselli, 30 anni, soprannominato «Miki occhi blu». Sa tante cose della guerra di mafia che nella primavera del 2017 insanguinò le strade del rione, lui che - ha raccontato - partecipava a summit e raccoglieva le confidenze degli affiliati.
È finito in carcere il 26 febbraio scorso, quando una maxi indagine «Codice Interno» della Dda ha portato in cella 137 persone, rivelando la capacità del clan Palermiti e dei suoi alleati Parisi di infiltrarsi in tutti i segmenti della vita cittadina. Non solo la gestione dei traffici illeciti, primo fra tutti lo spaccio di droga, ma anche connivenze con politici, amministratori e imprenditori (è la stessa inchiesta che ha smascherato presunti episodi di voto di scambio mafioso alle elezioni comunali di Bari di maggio 2019).
Dopo il blitz e aver trascorso le prime settimane in cella, Maselli ha deciso di «pentirsi». «Ho maturato la decisione di collaborare con la giustizia per i fatti di cui io ed i miei familiari sono state vittime e ho deciso di cambiare vita anche per loro» ha spiegato ai magistrati. E così nei giorni scorsi è stato interrogato dai pm Antimafia. Il verbale con le sue dichiarazioni è stato depositato tra gli atti del processo sui due agguati commessi a Japigia a gennaio e ad aprile 2017, quelli in cui morirono i pregiudicati Giuseppe Barbieri e Nicola De Santis.
«Barbieri è stato ucciso perché prima acquistava droga da Milella (Domenico, ex braccio destro del boss Eugenio Palermiti, ora “pentito”, ndr). Era sempre stato vicino a loro. Poi però ha comprato droga da Busco (Antonio, rivale dei Palermiti, ndr) perché il prezzo era di meno e quindi» al boss di Japigia questa cosa «non andava bene». Così il clan ne decretò la morte, perché Barbieri «consumava molta droga, vendeva molta droga, un pacco a settimana, un chilogrammo a settimana di droga vendeva». Dai narcotrafficanti di Busco «la pagavano a 20 erro al grammo, un chilogrammo di cocaina 20mila euro; invece i Palermiti era 28-29mila euro al chilogrammo» ha detto Maselli per spiegare il peso economico del pusher.
Il nuovo «pentito» ha confermato quello che gli inquirenti della Dda, Fabio Buquicchio, Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano, avevano ricostruito da tempo: il «tradimento» di Barbieri di aver cominciato a rifornirsi di droga dal gruppo rivale capeggiato dall’ex sodale Busco avrebbe provocato la reazione del clan di Japigia. Quello fu solo il primo di tre agguati, tutti mortali, che il «pentito» racconta come la «guerra» che ha cambiato il volto del quartiere e anche le alleanze. «Hanno unito proprio i clan Palermiti e Parisi», dal punto di vista militare e commerciale, «droga, estorsioni, hanno fatto anche estorsioni insieme loro. Hanno unito tutto, si sono messi a società su tutto».
A quel punto era «guerra», anzi la «società della guerra». I clan alleati di Japigia dovevano liberarsi di Busco e dei suoi, «per loro era un tumore Busco» ha detto Maselli. E così, dopo la risposta di Busco al delitto Barbieri con l’omicidio di Giuseppe Gelao in cui rimase ferito anche il nipote del boss Palermiti, l’azione di fuoco eclatante fu l’omicidio De Santis. Quella sera, oltre a infrangere la finestra del liceo Salvemini nella raffica di proiettili, «spararono pure verso il terrazzo, verso la casa» di uno di loro, ha spiegato il collaboratore e «un colpo entrò pure nel secondo piano, che là c’è una famiglia di persone disperate ed un colpo entrò pure dentro la casa di loro», con il rischio di provocare, ancora una volta, vittime innocenti.