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Tommy Parisi, favori a Secondigliano tramite i suoi amici cantanti

 
Isabella Maselli

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Isabella Maselli

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Il figlio del «mammasantissima» di Japigia chiese alla criminalità campana di recuperare un credito per un commerciante barese

Giovedì 14 Marzo 2024, 13:03

BARI - I tentacoli del clan Parisi di Bari sarebbero arrivati fino a Secondigliano. E a fare da tramite per recuperare un credito vantato da un commerciante barese vicino al clan, sarebbero stati gli amici cantanti neomelodici napoletani del figlio del boss Tommy Parisi, anche lui interprete della musica partenopea. È l’ennesimo spaccato dell’intima connessione tra mafia e tessuto economico della città raccontato negli atti dell’indagine «Codice Interno» della Dda di Bari che ha rivelato la capacità della criminalità organizzata di infiltrarsi in tutti i settori della vita cittadina, dagli affari alla politica (oggi proseguono le udienze al Riesame). Una capacità che una parte della città ha riconosciuto alle organizzazioni mafiose, al punto da preferirle nella risoluzione dei problemi.

Imprenditori e commercianti «privi di scrupoli» - emerge dall’inchiesta - avrebbero scelto di rivolgersi agli uomini del clan Parisi per attività di «recupero crediti». «Alle iniziative legali previste dal codice civile - annotano gli investigatori della Squadra Mobile di Bari - optano per la più veloce ed efficiente “intermediazione”» dei mafiosi, «per quello che essi rappresentano e per come sono percepiti e conosciuti all’esterno».

Sono due le vicende sulla attività di «recupero credito» affidata al clan, raccontate nelle carte dell’Antimafia barese. C’è un episodio che coinvolge direttamente il figlio cantante del capo clan, Tommy Parisi, chiamato a intervenire su un rivenditore di autoveicoli del quartiere Secondigliano di Napoli. «Basterebbe il nome del quartiere dove l’imprenditore creditore esercita la sua attività la lavorativa - scrivono i poliziotti della Mobile - per comprendere quanta influenza abbia la famiglia Parisi in un territorio ad altissima densità criminale qual è appunto Secondigliano e soprattutto per quello che evoca quel territorio nell’immaginario collettivo».

L’indagine, del resto, «ha dimostrato ampiamente - si legge negli atti - che il sodalizio criminale di Japigia ha “entrature” proprio nella criminalità organizzata di Secondigliano, a cui appartiene Antonio Russo, detto “Tonino o’rott”, già fedelissimo - annotano gli investigatori baresi - del boss ucciso Fulvio Montanino del clan Di Lauro, e successivamente schieratosi con gli scissionisti degli Amato-Pagano», indicato da un «pentito» come uno degli autori dell’omicidio di Mariano Nocera, ucciso a settembre 2004 in un bar di Scampia.

La sera del 29 novembre 2017 Tommy Parisi viene intercettato mentre è in auto e invia messaggi vocali ai suoi amici campani, tra i quali un cantante neomelodico, chiedendo contatti a Secondigliano. Tra un vocale e l’altro il figlio del boss parla con un uomo, non identificato, chiedendo un intervento per recuperare 2.800 euro da un rivenditore di auto di Secondigliano. La somma - spiegano i poliziotti - riguarda due utilitarie incidentate che il questuante barese avrebbe ceduto al soggetto di Secondigliano. «È assai indicativo - commentano gli investigatori - il fatto che il creditore si sia rivolto al figlio di Savinuccio per recuperare una somma non rilevante dal debitore che vende auto, a quanto pare privo di licenza, in un quartiere ad altissima densità criminale. È impensabile che un cittadino normale» possa andare a Secondigliano e recuperare da solo la somma reclamata. Per fare ciò «ci si deve, ovviamente, rivolgere alla criminalità che controlla quel quartiere a nord di Napoli». Non a caso Parisi «si rivolge a soggetti inseriti nel mondo dei neo-melodici campani, un mondo che, come hanno dimostrato moltissime indagini - si legge ancora nell’informativa della Squadra Mobile - spesso si intreccia con la criminalità organizzata».

L’altra vicenda riguarda un imprenditore barese, amministratore di una società con commesse milionarie anche con enti pubblici, che nel novembre 2017 si sarebbe rivolto al clan per recuperare un credito di 35mila euro. Il referente mafioso in questione è Sergio Mezzina, affiliato al boss di Japigia Savinuccio Parisi: come compenso avrebbe chiesto il 50% sulla somma recuperata, quindi 17mila e 500 euro, di cui 10mila come anticipo.

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