L'intervista
«Raccontiamo Scotellaro, poeta della lotta politica»: Vendola e Carmen Vincenti in scena
Il 15 al Teatro Piccinni di Bari con «È fatto giorno»: una lettura dei suoi testi in cui l'attrice interpreta la madre
BARI - Saggiamente Nichi Vendola mostra di preferire il brivido del palcoscenico, protetto dalla dolce ala della poesia, alle burrasche della politica con i suoi gelidi tormenti. Con al fianco Carmela Vincenti, Vendola sarà in scena il prossimo venerdì 15 (h 21) sul palco del Teatro Piccinni in È fatto giorno - Un secolo di Scotellaro, un reading (ma molto più di un reading) nel centenario dalla nascita di Rocco Scotellaro (1923 - 1953) con i testi del poeta - intellettuale nonché politico lucano, con le sue poesie, con il suo impegno sociale e politico nel suo tenace legame con la terra dura e aspra di Basilicata. Nichi Vendola e Carmela Vincenti li incontro al termine di una prova: sono insieme ai tre musicisti coinvolti nello spettacolo, il Trio Dambrosio (Antonio Dambrosio, percussioni, Aldo Davide di Caterino, flauto, Vince Abbracciante, fisarmonica). D’ obbligo alcune domande ai due protagonisti.
Ma allora Vendola, visto che si tratta di un vero e proprio spettacolo, non una semplice lettura di poesie, ci parli della genesi dell’ operazione e della sua struttura.
«Scotellaro, al di là del centenario di quest’ anno, meritava una “rivisitazione” in chiave non semplicemente commemorativa. Ho inteso, abbiamo inteso, dar vita a una vera e propria ri-creazione di un grande intellettuale e poeta del Sud, così come del grande polemista, del coraggioso politico e amministratore (Scotellaro fu sindaco della nativa Tricarico nel 1946, a soli 23 anni), del delicato cantore della sua terra e dei suoi paesaggi. Un uomo stroncato (da un infarto) giovanissimo, a soli 30 anni».
Prevale, nella scelta dei testi e delle poesie di Scotellaro, la linea dell’ impegno civile e politico, o piuttosto quella più intimista legata agli aspetti del paesaggio lucano, o agli affetti familiari?
«Certo Scotellaro come uomo e “cantore” della lotta politica, del riscatto delle masse contadine del Sud in quegli anni fra il 40 e il 50, è più che presente fra le poesie che io recito. A partire, nella scaletta dello spettacolo, da un mio testo introduttivo, un mio scritto che apre la scansione del lavoro. Come non manca il riferimento a quegli anni terribili del dopoguerra, che sono poi gli anni che il giovane Carlo Lizzani descrisse in quel documentario del 1949, Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato, le cui immagini in parte compaiono sulla nostra scena. Ma chiarisco che la nostra scelta ha riguardato anche le poesie della delusione e del “disincanto” (come quelle scritte dopo la sconfitta delle sinistre nel 1948), così come quelle dedicate ai genitori, al padre, ma soprattutto alla madre, Francesca Armento, che anzi è in pieno protagonista della nostra creazione. E qui entra in campo, o meglio in presenza fin dall’ inizio, la formidabile Carmela Vincenti».
E lei Vincenti, in che chiave racconta questa madre, rispetto alla dimensione prevalentemente lirica delle poesie che innervano il percorso?
«È il racconto di una madre che ha perso un figlio di trent’anni. Anzi è proprio il racconto di Francesca Armento, le sue stesse parole tratte da un suo testo, Dalla nascita alla morte di Scotellaro - Racconto della madre, parole che scandiscono, insieme alle poesie, la vicenda drammatica di questo singolare e straordinario personaggio».
Un personaggio, Rocco Scotellaro, che dovette subire anche delle accuse ingiuste e menzognereda parte degli avversari politici. Non è così, Vendola?
«Scotellaro subì addirittura un processo, su false accuse di truffa e di associazione a delinquere. Fu anche in prigione per 45 giorni, a Matera nel 1950, prima di essere del tutto prosciolto. Questo accrebbe in lui delusioni e sconforto, che emergono dalle sue poesie, prima che la drammatica scomparsa lo rapisse alla vita, nel 1953. Questo ci rende la figura di Scotellaro, forse, ancor più vicina, più dolorosamente fraterna».