BARI - «Bari è una città scientifica» che deve imparare a pensare che «la ricerca è lavoro» e a superare le logiche divisive. Se il festival BariCode ha alleato tutti i principali enti di ricerca cittadini, «sarebbe bello - dice il rettore dell’Università di Bari Stefano Bronzini - che scelte fatte nei cento anni che Uniba si appresta a compiere, come fa il Cnr quest’anno, possano essere messe in discussione per creare una progettualità comune, un nome comune, una politica di indirizzo e una gestione comune. Insieme eravamo forti, frazionarci ci ha indeboliti».
Rettore, l’edizione zero di BariCode ha messo insieme Uniba, Cnr, Politecnico, Lum, Infn, Arti, Accademia di Belle Arti e Conservatorio Piccinni.
«Devo iniziare ricordando la tragedia della studentessa Erasmus a Lecce. Sono veramente affranto, abbiamo listato a lutto le bandiere. Questo sconcerto cancella l’idea di festa di BariCode ma il nostro impegno resta costante. Attraverso la ricerca dobbiamo imparare a costruire canali che creino coscienze più sensibili alle fragilità».
Uniba forma una gigantesca fetta della popolazione ed è punto di riferimento per ricerca e occupazione.
«BariCode vuole avvicinare i cittadini alla ricerca ed è fondamentale pensare a una ricerca legata alla formazione e che la ricerca è lavoro. Tante multinazionali arrivano a Bari perché formiamo tantissimi giovani. Uniba ha un impianto strategico che, al di là del Pnrr, si avvale del rapporto con le aziende: siamo saliti a +40% in appena un anno, un dato straordinario che contiamo di far crescere ancora. Mi piacerebbe che si comprendesse quanto possa essere virtuoso potenziare la ricerca in ambito sanitario, agrifood, rinnovabili ma anche nelle aree umanistiche, oggi relegate ai margini quando invece si intersecano profondamente con l’idea di formazione che serve al nuovo millennio. Citando la tragedia della studentessa, vorrei che la formazione riflettesse con urgenza sul fatto che quanto avvenuto è anche frutto di un’ignoranza dilagante. Per questo, al di là dell’innovazione tecnologica, dico che i frutti virtuosi si colgono proprio legando ricerca e formazione e non dimentico il grande tema delle povertà estreme su cui Uniba fa tanti progetti di ricerca».
BariCode ha alleato più centri scientifici cittadini. L’importanza di fare squadra si vede anche in “PuntoSud”, l’iniziativa sul “Mezzogiorno reale e immaginato” che venerdì e sabato Uniba lancia con Editori Laterza e Svimez in rete con 27 atenei italiani.
«“Fare squadra” è una terminologia superata. Penso piuttosto che occorra intrecciare fili perché da questi fili può nascere un disegno, una visione dell’arazzo che vogliamo creare. Ho colto al volo l’occasione di riflettere sul Sud perché oggi è marginalizzato quando invece è centrale per lo sviluppo del Paese».
Una riflessione sul Sud mentre Baricode ne propone una su Bari che deve iniziare a pensarsi come “città scientifica” visti tutti i suoi enti di ricerca, i tantissimi ricercatori, tutti i suoi prodotti di scienza consegnati alle aziende.
«Esatto. Al massimo si dice città universitaria e invece Bari è città scientifica dove scienza significa anche sviluppo urbano, analisi delle periferie, dei problemi collegati alla mobilità, alle rinnovabili ma anche allo stare bene insieme, sintesi di un percorso che prevede teatri da valorizzare, creatività da strutturare, una Biblioteca nazionale che è un patrimonio cittadino come le sue università. Bari è una città scientifica perché scienza viene da conoscenza: abbiamo bisogno di più conoscenza e stiamo lavorando con le aziende per trasferire tutta questa scienza che si elabora nei percorsi universitari e nei nostri laboratori, alle aziende e al territorio. Spero che questo Festival sia il punto di partenza per comprendere quanto la scienza sia determinante nel quotidiano di ciascuno di noi. Se usciamo dal supermercato con la busta di plastica biodegradabile quella busta è scienza nata nei laboratori e data alle aziende, pensando alla sostenibilità ambientale. La scienza è una delle alfabetizzazioni a cui dobbiamo giungere, anche perché l’utilizzo della tecnologia da parte di pochi crea oligarchie mentre noi puntiamo alla partecipazione dei molti, che è poi la democrazia».
Uniba ha iniziato a lavorare al Piano Strategico 2024-26. Immagino che avrà una forte impronta scientifica.
«Lo stiamo costruendo insieme ai nostri stakeholders con forti investimenti strutturali perché questa è una città dove la ricerca ha siti troppo vetusti che stiamo rinnovando con un notevole sforzo di bilancio. Mi piacerebbe condividere la mappatura che il Comune ha presentato con il Politecnico perché la logica del “questo è mio e questo è tuo” va in controtendenza con le politiche di sviluppo della scienza. Così come serve una contaminazione fra i saperi, così serve una discussione allargata sugli spazi cittadini destinati allo sviluppo di Bari. Il Piano Strategico si propone come una rete e una maglia fitta per costruire insieme un arazzo comune».
La transizione green e digitale passa da Bari. Oltre 30 progetti innovativi legati al Pnrr, al di là dell’ente che se ne occupa, dicono che la rigenerazione sarà scritta dai ricercatori baresi.
«Uniba ha le percentuali maggiori date le proporzioni di un Ateneo con 3mila strutturati. Ma il punto è che gli oltre 320 milioni bandi aggiudicati sono una vittoria non mia o tua, ma del territorio. Spero che l’elemento virtuoso dell’innovazione, senza dimenticare la blu economy, possa trasformare e rigenerare la città».