Spettacoli

Micaela Ramazzotti a Bari per il Prix Italia presenta l'esordio da regista con «Felicità»

Un film dedicato «alle donne che stanno attraversando un percorso e che si stanno emancipando»

«Tra un ciak e un altro uno si porta un taccuino e qualche idea la butta giù ma per ora mi voglio godere il momento e soprattutto accompagnare Felicità nelle sale e salutare tante donne che lo vengono a vedere e si sentono un pò come la protagonista Desirè. Poi dopo si vedrà ma io già sono felice così». Lo dice Micaela Ramazzotti sbarcata al Prix Italia a Bari con il suo film esordio da regista Felicità premiato anche a Venezia.

La Ramazzotti dice di voler dedicare questo film «alle donne che stanno attraversando un percorso e che si stanno emancipando». «L'emancipazione - dice la Ramazzotti - non avviene sempre subito. C'è chi è fortunato e già a 18-19 anni ha la forza e anche la maturità interiore. Non lo so da cosa dipende. E c'è chi invece è più aggrappato agli altri, al giudizio degli altri, in continua richiesta di come si è andati. Poi c'è invece chi non riesce a emanciparsi mai. Quindi dedico Felicità a chi sta lottando per trovare un centro, una solidità». E alla domanda, dopo le tante polemiche sullo spot Esselunga della pesca, su quella che lei ritiene una famiglia ideale, la Ramazzotti non ha dubbi: «La famiglia ideale non esiste, le famiglie perfette non esistono mai...».
Prossimamente la Ramazzotti torna al suo ruolo di attrice nella serie Un amore di Francesco Lagi con Stefano Accorsi (Sky Studios e Cattleya) e poi nel film Una madre di Stefano Chiantini.

«C'è molto tabù dietro alle peculiarità mentali e invece bisogna parlarne, bisogna parlarne fin da subito nelle scuole, non aver paura della nostra mente, delle nostre problematiche, anzi andarci incontro, cullarle e accoglierle per poi farne un punto di forza». Lo dice Micaela Ramazzotti sbarcata al Prix Italia a Bari con il suo film esordio da regista Felicità prodotto da Lotus Production con Rai Cinema e premiato anche a Venezia che parla della parrucchiera Desirè tra una famiglia disfunzionale - un fratello succube e con problemi mentali e due genitori mostri egoisti e manipolatori - e un compagno intellettuale che la tiene soggiogata e si vergogna di lei.

«Spesso - dice - si ha molta paura di tutto ciò che è malato, depresso. Le persone che si chiudono a casa, che non escono, non fanno paura a nessuno ma fanno male solo a se stesse. Invece bisogna dare loro coraggio, tirare su le tapparelle, spalancare le finestre di casa e guardare il mondo. Di solito la fragilità, l'essere troppo sensibili, l’essere troppo buoni fa sì che non si sia pronti per questo mondo così violento, spesso si è inattrezzati a vivere».
La Ramazzotti parla anche del titolo Felicità. «L'ho scelto perché è una parola che sta sulla bocca di tutti noi, quasi sempre durante la giornata, sia ai bambini che ai grandi, è una parola che mi piaceva, è facile, si ricorda e io avevo già in mente di far cantare a Max la canzone Felicità tà tà della Carrà. La felicità per quanto riguarda il mio film viene dal meraviglioso termine greco eudaimonìa che è il percorso che una persona fa per arrivare a quella famosa felicità, salire su quel benedetto treno. Perché la felicità insomma, oggi come oggi, è difficile trovarla, bisogna quasi inventarsela. Invece l'eudaimonìa è una conquista, un percorso che uno fa, uno stile di vita, è un andargli incontro. E una volta che la conosci, tenersela stretta nutrirla, volerle bene, avere cura anche delle persone che ti rendono felice perché poi la felicità, è l’amore, la tenerezza».

Privacy Policy Cookie Policy