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Bari, beni confiscati: altri sei in arrivo

isabella maselli

Case e locali nei quartieri Libertà e Palese

BARI - Da via Nazionale, nel rione Palese, a via Crispi nel quartiere Libertà: sei immobili (un appartamento, tre autorimesse, una villa e un locale commerciale) un tempo appartenuti a boss del clan Strisciuglio diventeranno presto patrimonio del Comune di Bari. L’amministrazione, in attesa dei decreti che ne formalizzino il trasferimento da parte dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, è pronta a predisporre i bandi per assegnare questi beni e così restituirli alla città perché vengano utilizzati per finalità sociali.

Questi sei immobili, tutti in buone condizioni (il locale commerciale al Libertà, gli altri 5 a Palese) sono finiti nei mesi scorsi nell’elenco dei beni la cui confisca è ormai definitiva e così l’Agenzia ha indetto una conferenza di servizi alla quale ha partecipato il Comune il quale, con l’ok della giunta, ha manifestato il proprio interesse ad acquisirli. Una volta ottenuta materialmente la disponibilità dei beni, potrà pubblicare i bandi (di solito lo fa una volta all’anno) per cercare associazioni disponibili a gestirli. I beni confiscati possono avere tre destinazioni di riutilizzo: possono diventare sedi di uffici pubblici, quindi avere fini istituzionali; possono essere usati per l’emergenza abitativa accogliendo famiglie in stato di bisogno fino a quando queste riescano ad ottenere un alloggio popolare; possono essere assegnati ad associazioni del terzo settore.

A Bari complessivamente i beni confiscati e già destinati sono 196, 130 dei quali nel patrimonio comunale (nell’intera area metropolitana sono più di 500). Di questi 130, più della metà - 70 - sono usati per dare risposta all’emergenza abitativa, altri 45 sono stati assegnati ad associazioni con bando pubblico e gli ulteriori 15 sono ancora in fase di definizione, cioè non sono stati ancora assegnati o consegnati perché necessitano di importanti lavori di ristrutturazione o perché sono ancora occupati.

La mappa dei beni confiscati alla criminalità organizzata barese fotografa un pezzo dell’impegno della città nella lotta alla mafia, che inevitabilmente passa per l’aggressione ai patrimoni e al loro successivo riutilizzo a fini sociali. Beni che, cioè, vengono restituiti alla comunità perché possano essere luoghi di legalità e speranza e non più di malaffare e dolore.

Scorrendo l’elenco ci sono beni simbolici che hanno rappresentato in parte la storia della mafia barese, dalle ville del boss Savino Parisi e del suo clan, tra Japigia e Torre a Mare, alle dimore dell’ex boss, pentito e poi defunto, Antonio Di Cosola, alle case nel cuore della città vecchia, in piazza San Pietro, un tempo di proprietà della famiglia Capriati, ma anche locali appartenuti agli uomini del clan Strisciuglio. E poi il suolo, in zona Policlinico, sul quale sta sorgendo il Villaggio che sarà gestito dall’associazione Agebeo per l’accoglienza delle famiglie dei piccoli pazienti oncologici e dei presidi di carattere psicologico, socio-sanitari e riabilitativi.

Quello di piazza San Pietro, per esempio, nello storico edificio che si affaccia da un lato sulla sede del Commissariato di Polizia e dall’altro sul sito archeologico di Santa Scolastica, è un vecchio appartamento trasformato in sede di associazioni antimafia. Per un periodo ha ospitato i locali di Libera e oggi, lì dove viveva il boss di Bari Vecchia Antonio Capriati, c’è lo sportello di segretariato sociale con annesso servizio Caf, banco indumenti, banco alimentare, banco per l’infanzia e sportello d’ascolto gestito da «Famiglia Bethel».

A Japigia, in via Loiacono, ci sono i due appartamenti in passato appartenuti ai boss Battista Lovreglio e Giuseppe Parisi, oggi comunicanti e sede di «Casa Shalom», comunità educativa per minori, prevalentemente adolescenti stranieri non accompagnati, ai quali si aggiungono quei ragazzi che per una serie di motivazioni non possono risiedere all’interno della famiglia di origine nella quale sono stati riscontrati disagi sociali, economici, patologie fisiche e disturbi psicologici.

C’è poi la palazzina di tre piani con piccolo giardino sul lungomare IX Maggio che un tempo apparteneva a Michele Gravina e che oggi ospita il centro diurno polifunzionale Chiccolino della cooperativa sociale Eughenia per minori a rischio di devianza e dell’area penale. Alcuni beni confiscati oggi ospitano sedi di associazioni di volontariato, centri antiviolenza, comunità educative per minori, spazi espositivi per mostre fotografiche e biblioteche, un ambulatorio solidale.

Tra i 45 beni confiscati che il Comune ha assegnato ad associazioni per scopi sociali c’è anche un locale commerciale di 60 mq in via Principe Amedeo (quartiere Libertà) sottratto ai traffici illeciti della famiglia Sedicina perché venga gestito dalla «Cooperativa Impresa Sociale Help Assistenza e tutela per tutti» come un centro servizi culturali e assistenza legale (attualmente in fase di ristrutturazione). A Loseto, in contrada Ruggiero, il terreno di oltre 3.500 mq un tempo appartenuto ai boss Sabino e Filippo Capriati è ora un «Escape Move Room» gestito dalla associazione «Progetto Futuro».

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