Sabato 06 Settembre 2025 | 22:01

L’omicidio di Mola: un capello riaprirà il caso di Bruna Bovino?

 
Isabella Maselli

Reporter:

Isabella Maselli

Estetista uccisa a Mola «Condannate l'amante»

I legali dell’ex amante dell’estetista uccisa nel 2013 chiedono nuovi accertamenti e puntano alla revisione del processo ma la Procura generale si è opposta

Lunedì 24 Luglio 2023, 13:31

13:32

MOLA - Potrebbe essere il dna custodito in un capello color «cenere» a riaprire il caso dell’omicidio di Bruna Bovino, l’estetista 29enne italo brasiliana uccisa nel centro estetico che gestiva a Mola di Bari il 12 dicembre 2013. Dinanzi alla Corte di Assise di Appello di Bari si sta consumando l’ultima battaglia sul delitto, per il quale l’ex amante della vittima, il 44enne Antonio Colamonico, sta scontando in carcere una condanna definitiva a 26 anni e 6 mesi di reclusione. È stato giudicato colpevole di omicidio volontario e incendio doloso. Il corpo della donna fu trovato semicarbonizzato dopo essere stato ferito a morte con 20 colpi di forbici e dato alle fiamme.

Nei mesi scorsi i difensori di Colamonico, gli avvocati Nicola Quaranta e Antonio Ferrari, hanno chiesto di poter accedere nuovamente al centro estetico prima che fosse dissequestrato e restituito (dopo dieci anni) ai proprietari. Lì, secondo la difesa, una equipe di consulenti guidata dal generale Luciano Garofano, presidente dell’Accademia italiana di scienze forensi ed ex comandante del Ris di Parma, avrebbe potuto trovare le prove dell’innocenza dell’uomo per chiedere la revisione del processo.

Colamonico si è sempre dichiarato innocente e gli avvocati insistono perché siano esaminati i reperti, in parte già analizzati all’epoca, con nuovi strumenti scientifici. Per esempio i sei capelli che furono trovati tra le dita della vittima e altri che erano attaccati ad un orecchino da donna trovato sotto il corpo semicarbonizzato di Bruna Bovino. Gli accertamenti tecnici rivelarono che si trattava per la gran parte di capelli verosimilmente della vittima, rossicci e ondulati, tranne due: uno corto castano e un altro lungo color cenere.

I giudici hanno già dato l’ok al sopralluogo e al sequestro di nuovi reperti ma si sono riservati sulla richiesta di analizzare i capelli. Nei giorni scorsi si è tenuta l’udienza, con la partecipazione anche dei legali dei famigliari della vittima, nella quale la difesa dell’imputato ha spiegato le proprie ragioni.

Quei capelli non hanno le radici e quindi quando anni fa è stato estrapolato il dna, si trattava sicuramente di quello del sangue che copriva i capelli. Le nuove tecniche consentono invece di estrarre il dna anche sui capelli senza radice. Gli avvocati ritengono che questi accertamenti escluderebbero «la attribuibilità di tutte le formazioni pilifere presenti nelle mani della vittima e rinvenute attaccate all’orecchino al signor Colamonico» e, soprattutto, renderebbero «possibile l’attribuibilità ad un soggetto determinato» di quell’unico capello lungo di colore diverso da quelli ritenuti della vittima. Secondo la difesa al vero assassino.

«Si tratta di una informazione probatoria - dice la difesa - che alimenta un dubbio che chiede con forza di essere chiarito», perché «si tratterebbe di un terzo tipo di formazione pilifera presente nelle mani della vittima che occorre analizzare poiché legittimerebbe l’idea della presenza sulla scena del crimine oltre alla vittima (dando per scontato che le altre formazioni pilifere appartengano alla stessa) almeno di altre due persone con evidente stravolgimento della ricostruzione storica recepita in sentenza».

«Considerato - insiste la difesa - che le attività di indagine richieste sono tutte nuove, sia perché mai espletate, sia perché nuove sono le metodologie di ricerca del dna mitocondriale su formazioni pilifere prive di radice e che le stesse si appalesano decisive al fine di dimostrare che esse non appartengono all’imputato e siano ascrivibili a soggetti diversi finanche dalla vittima, si chiede che la Corte voglia autorizzare gli esami richiesti».

Si è opposta la Procura generale che tramite il sostituto Carmelo Rizzo ha avanzato una nuova inedita ipotesi, e cioè che Colamonico avesse un o una complice. I giudici decideranno se autorizzare questi nuovi accertamenti nei prossimi giorni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)