BARI - «Padre nostro che sei nel cieli dacci oggi il nostro caldo quotidiano». Scollinato il mese di aprile che morte e resurrezione di Cristo si porta via, nei primi di maggio ci scrolliamo definitivamente di dosso i brividi primaverili e iniziamo a sentir nelle narici la bella stagione; se c’è il sole ci catapultiamo a mare; di notte, sotto il cielo denso di stelle, siamo più ispirati alla meditazione e nelle paludose ore della quotidianità desideriamo trascorrere molto più tempo fuori casa, all’aria aperta.
Purtroppo il caldo soffocante degli ultimi anni è diventato una cruda realtà da sopportare e in città, per trovar ombra, si fa la caccia al tesoro. Bari non ha i portici di Bologna o Castelfranco Veneto, ci servirebbe quella fiabesca architettura che offre immediato riparo dalla pioggia e frescura d’estate.
Noi, popolo metropolitano, siamo la specie dello zoo sociale ingabbiata nelle zanzariere, terrorizzata dall’eccessivo consumo di elettricità dei climatizzatori, folgorata dal rimpianto di tempi migliori quando il fisco non era hardcore e risparmiando si comprare una seconda casa a mare o in campagna. Bene: invece di star vicino alla finestra a mendicare la luce, invece di alimentare la sgradita solitudine, rimanendo interconnessi con la tv, proviamo a restituirci d’estate una vita più gradevole.
Nell’urbe, per dar valore e significato all’ozio rigenerativo, sono inscindibili due elementi: l’ombra e le panchine. L’ombra è consustanziale agli alberi, il riposo è convenientemente redistribuito dalle panchine. I due liberi elementi sono perfetti per il miglioramento dell’ambiente urbano, ma per il nostro fabbisogno reale è necessario raccogliere più dati: l’ombra degli alberi è differenziata, non è uniforme, insomma c’è ombra e ombra. C’è un’ombra fresca, freschissima, tiepida, calda, e molto calda. Ad esempio, l’ombra del carrubo non è la stessa ombra delle palme.
Le panchine andrebbero riprogettate in singole, a due posti o nei 3 posti classici, così si ottimizzerebbe senza sprechi la sosta umana. (Purtroppo noi anime in pena non socializziamo facilmente con i pensionati che vogliono dialogare, con gli stranieri neri o musulmani, con i fumatori di sigari, con quelli che parlano al telefono a voce alta facendo sentire tutti i cavoli loro, perciò accade quasi sempre che la persona si siede al centro della panchina, segnalando con la postura il rifiuto della compagnia). Per tali ragioni indicheremo in questo spazio tipografico una serie di sedute dove si può leggere il nostro quotidiano o un libro, senza disagio termico, facendovi ricarica energia dagli alberi che sono i veri climatizzatori dell’atmosfera: natura non nisi parendo vincitur, la natura può essere vinta solo ubbidendole.
Entrando da via Crisanzio nell’Università degli Studi Aldo Moro si incontra un assolato cortile dove ci sono due signore Magnolie che fanno ombra su quattro panchine; lì sotto gli studenti fanno pausa prima o dopo le lezioni, ripassano i capitoli prima degli esami, mangiano un gelato o un panino, si raccontano avventure e disavventure quotidiane. Su quelle panchine di Lettere e Filosofia sono nati amori e separazioni, si sono fermati a pensare grandi scrittori e teoreti, raramente si siedono i genitori e i professori, per non carpir segreti al piccolo recinto studentesco.
La Magnolia grandiflora – Magnoliaceae è un albero sempreverde, alto fino a 30 metri che vive per lungo tempo. Viene dal sud est degli USA (Texas, Georgia, Louisiana ecc.) ed è molto comune nei parchi europei, dove a volte ti fa sentire in una scena di «Via col vento» il colossal del 1939 diretto da Victor Fleming. La magnolia ha le foglie lunghe, lanceolateed ellittica fino a 20–30 cm; sono tanto rigide e coriacee che su di esse si può servire una porzione di fried chicken (il pollo fritto). Gentili lettori, sappiate che quelle panchine dell’Ateneo sono un ottimo riparo alla canicola, anche se non avete mai studiato Ovidio, Dante, Heidegger, Seneca o seguito le meravigliose lezioni di Paolo Fedeli e Arcangelo Leone De Castris. Seduti in compagnia di qualche tormentato esistenzialista fuori sede o di una cocciuta studentessa che traduce esametri latini senza vocabolario, proverete una formula di serenità non velleitaria. Non c’è nulla di radical-chic sotto le magnolie che danno gratuito refrigerio con la propria fresca ombra. Il prezzo di mercato potrebbe essere comprare nei giardini di Piazza Umberto un libro usato. Se ne trovano di bellissimi ed è ora che ricominciamo a leggerli tutti. E il posto giusto ve lo abbiamo appena suggerito.