Michele Laforgia, presidente de «La Giusta causa», volge al termine il doppio mandato di Michele Emiliano alla Regione e di Antonio Decaro al Comune di Bari. Si voterà anche a Foggia e Lecce. C’è già un binario o un metodo di condivisione per affrontare questo cambio di paradigma?
«Non mi pare, ed è un problema. Con il secondo mandato di Antonio Decaro e Michele Emiliano si chiude ufficialmente un ciclo di governo, in Puglia. È un fatto con il quale occorrerebbe confrontarsi, al di là delle persone. In questi venti anni è cambiato tutto: il centrosinistra non c’è più e al posto del centrodestra c’è la destra. Qual è la proposta politica con cui vogliamo aprire una nuova stagione? Davvero l’unica formula elettorale è l’alleanza con chiunque, purché si vinca? Io credo proprio di no».
Quale il perimetro in cui bisogna muoversi? C’è il rischio di alleanze ibride come ad Altamura, dove nella maggioranza con gli emilianisti ci sono anche ex Fi e salviniani vicini a Rossano Sasso?
«Bari non è Altamura, una città da troppo tempo bistrattata dalla politica. A Bari resiste ancora una cultura politica e il rispetto delle differenze, che è anche una forma di rispetto per gli avversari. In democrazia è essenziale, altrimenti che senso ha il voto? Se gli uni e gli altri sono interscambiabili, perché gli elettori dovrebbero scegliere? L’astensionismo, alla fine, è la conseguenza di questa confusione. Alla quale, aggiungo, non si risponde né con la nostalgia del passato, né con la truffa delle etichette, ma con una proposta credibile, coerente, rappresentata da uomini e donne competenti e non da portatori di voti. Vale per tutti noi l’ammonimento di Sartre: non sei responsabile di ciò che sei, ma sei responsabile di ciò che fai di quello che sei».
Le ultime comunali hanno mostrato come le divisioni nel campo largo - la rottura con la sinistra a Brindisi - possano essere foriere di sconfitte simboliche. Come si consolida la partecipazione dei progressisti al tavolo della coalizione?
«Il campo largo, ad oggi, è poco più di una espressione verbale. La maggioranza degli elettori non sa nemmeno cos’è. Io preferisco parlare di opposizione al governo di destra e credo sia necessario dialogare con tutte le forze politiche, i movimenti, le associazioni e i cittadini che vogliono costruire un’alternativa. Nessuno escluso».
Tra i nomi papabili per Bari c’è anche il suo e quello di Nicola Laforgia, Lacarra, Romano, Petruzzelli, Boccardi…
«Di questo passo, rischiamo di avere più candidati a Sindaco che al consiglio comunale. Sarebbe invece opportuno iniziare a pensare alle liste, che alle comunali sono determinanti per il successo della coalizione, e magari ai programmi. Noi inizieremo a discutere, da subito, sul bilancio di questi vent’anni e sulle proposte per la città del futuro. Nomina sunt consequentia rerum, come scrisse Dante citando Giustiniano: i nomi sono conseguenza delle cose. Non viceversa».
Le primarie sono una ipotesi messa sul campo da Decaro per Bari. Civici e 5S non le prendono in considerazione. Che fare?
«La discussione sulle primarie mi pare davvero surreale, in questo momento. Com’è noto, sono previste dallo statuto del Pd, ma che senso ha parlarne prima di definire il perimetro e il programma della coalizione? Noi abbiamo fatto una proposta: avviamo il confronto, nel merito, con tutte le forze di opposizione. L’ipotesi della convenzione, sul modello del 2004, è stata rilanciata da un gruppo di autorevolissimi esponenti della società civile. Vedo invece che si prevedono prossimi tavoli di maggioranza generosamente estesi agli esterni, ma con la precisazione che poi si andrà comunque alle primarie. Ma di quale maggioranza parliamo, a Bari? E che senso ha aprire una discussione se poi conterà solo il voto dei gazebo?».
Se non ci saranno le condizioni per un dialogo con la coalizione dei pugliesi, la sinistra potrebbe prendere altre strade trasformando il primo turno in una sorta di primarie di fatto?
«Cito sempre Sartre: si è responsabili di quello che si è e si è sempre responsabili di quello che non si è saputo evitare. Noi faremo di tutto per arrivare al voto del 2024 con una proposta elettorale unitaria e alternativa alla destra. Ma abbiamo già detto chiaramente che non accetteremo compromessi al ribasso, né ricatti elettorali. E che questa volta saremo in prima fila».
Prima delle regionali e poi delle politiche, la Giusta Causa rappresentò un forte malessere nei confronti dell’autoreferenzialità dei partiti e delle civiche trasversali. Le cose sono cambiate? C’è il rischio che un pezzo del popolo della sinistra scelga l’astensionismo?
«Temo che per alcuni il basso numero dei votanti, che aumenta il peso specifico del voto clientelare, sia addirittura un obiettivo. Non prevarranno».