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Bari, l’inflazione cala ma le famiglie restano in piena crisi economica

 
Rita Schena

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Rita Schena

Bari, l’inflazione cala ma le famiglie restano in piena crisi economica

La rilevazione Istat conferma tre punti in meno: dal 10,5% di gennaio, al 7,5% di marzo. Bari è in coda (sestultima) nella graduatoria delle città più «risparmiose»

Mercoledì 19 Aprile 2023, 13:53

14:43

BARI - Il dato è sicuramente positivo tanto da sperare che duri. Secondo rilevazioni Istat a Bari l'inflazione rallenta passando dal 10,5% di gennaio 2023, al 7,5% del marzo dello stesso anno. Il capoluogo è al 40° posto (su 78 città con più di 150mila abitanti), tra i comuni più cari. Ma come spesso accade il numero statistico non è mai un dato assoluto per il quale vale la pena emettere grida di giubilo.

Scorrendo il report infatti l'Istituto sottolinea come anche solo il 7,5% (il dato barese, appunto) significa che una famiglia media è costretta a spendere rispetto allo scorso anno 1.301 euro in più, collocando Bari in coda alla graduatoria nazionale, al sestultimo posto tra le più risparmiose (chiude la graduatoria Potenza con una inflazione del 4,8% e un rincaro annuo medio di soli 948 euro).

In parole povere un gruppo familiare monoreddito, diciamo di un operaio o impiegato medio, per riuscire a chiudere i conti dello stretto necessario dovrebbe poter avere a disposizione almeno 16 mensilità, visto che la tredicesima serve per pagare i mutui rincarati, l'eventuale quattordicesima (che non è garantita per tutte le categorie) per far fronte al caro energia che in ogni caso persiste, l'ipotetica quindicesima per il balzo inflattivo che comunque pesa già da almeno due anni e infine il dato di questo 2023. Peccato che i comuni lavoratori si fermino alla sola tredicesima.

E così, a leggere gli ultimi numeri diffusi dall’Istat, c’è da sorridere per quella che dovrebbe essere una buona notizia, ma solo a metà visto dal lato più concreto della vita.

L’Istituto di statistica ha rivisto sì al ribasso il dato sull’inflazione di marzo nazionale al +7,6% (solo un punto in più rispetto a Bari), ma il carrello della spesa resta una stangata. Famiglie monoreddito, pensionati al minimo, cassintegrati o addirittura licenziati (un esercito tra Bari e provincia) le sacche del bisogno continuano ad allargarsi nonostante la frenata inflazionistica.

Prendiamo i pensionati, che per molte famiglie rappresentano quel bastone al reddito indispensabile: uno su tre vive con meno di mille euro al mese, oltre l'11% arriva a malapena a 500 euro, con sacche di ulteriore povertà che diventano vera emergenza in molti centri rurali. Come possono riuscire a chiudere il mese garantendosi vitto e bollette pagate? La risposta è semplice: non possono. Così come non ci riescono le famiglie dove l'unico reddito si è trasformato in indennità di disoccupazione, o cig a zero ore.

Il costo della vita, anche se ad un ritmo inferiore, continua a salire sempre più e non è minimamente sostenibile pensare che una famiglia media possa reggere l'obbligo di spesa di 1301 euro in più all'anno.

Ecco perché i dati statistici è sempre bene prenderli con le pinze: il calo c'è ma bisogna capire se è strutturale, se continuerà nei prossimi mesi, se il costo della vita diventerà più sostenibile, scendendo ai livelli pre-pandemia e se di conseguenza le famiglie potranno recuperare un po' del loro (ormai perso da tempo) potere d'acquisto.

In alternativa resterà la magra consolazione statistica messa in evidenza anche da Edoardo De Crescenzo in «Così parlò Bellavista»: «Che se mi mettessero il didietro in un forno e la testa in un frigorifero, alla fine non resterebbe che ammettere di stare statisticamente bene».

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