SANNICANDRO - Quella del signor Giuseppe, 75enne di Sannicandro, camionista pensionato, è una storia, anzi una battaglia, d’amore e dedizione. Da alcuni anni sta lottando, anche a colpi di carte bollate, appelli e denunce, per riportare a casa sua moglie. La donna, 71enne, è attualmente ricoverata in una residenza socio sanitaria di Bari perché affetta da una «psicosi di tipo depressivo» che l’avrebbe portata, prima del ricovero, a diversi episodi di autolesionismo con assunzione massiccia di farmaci. Il signor Giuseppe, però, insiste per rendersene cura lui stesso, dicendosi convinto che la moglie voglia tornare a casa.
Il suo racconto parte da luglio 2018, quando alla donne viene diagnosticata una patologia oncologica. «A seguito di una diagnosi di neoplasia e considerata la gravità del male diagnosticato - spiega l’uomo - mia moglie cadeva in depressione». A quel periodo risale il primo episodio di assunzione di farmaci con conseguente ricovero in ospedale. Nei confronti della donna, su segnalazione del medico di base al locale centro di salute mentale «a seguito - si legge negli atti - di un riscontrato scompenso psicofisico», viene avviato il procedimento di volontaria giurisdizione con successiva nomina di un amministratore di sostegno.
«Conosco bene mia moglie - dice il signor Giuseppe - e so per certo che lo stato di angoscia e di depressione in cui lei si è venuta purtroppo a trovare è dipeso solo ed esclusivamente dal fatto di aver scoperto di avere un brutto male e che il percorso da affrontare sarebbe stato comunque complicato e duro».
Dopo quell’episodio la donna viene ricoverata altre tre volte nel corso dei mesi successivi e, a luglio 2019, ne viene disposta la collocazione in una struttura per anziani della provincia. Qui resta fino a gennaio 2020, quando il giudice tutelare ne dispone le dimissioni spiegando che «in mancanza di espresso consenso, non può essere trattenuta contro la propria volontà presso la struttura».
La moglie torna a casa. «Insieme abbiamo trascorso tutto il periodo della pandemia» racconta il marito. «Io la accudivo, cucinavo, facevo la spesa, la tenevo sotto controllo, ho imparato a fare tutto per starle accanto».
Una mattina di ottobre 2021, trovata sola in casa mentre il signor Giuseppe è fuori per fare alcune commissioni, la donna viene ricoverata nuovamente in struttura. «Vado a trovarla due volte a settimana, a volte perdo la pazienza - ammette l’anziano - perché la vedo sofferente, vorrei riportarla a casa, far capire che sono in grado di prendermene cura, magari anche con l’aiuto dei servizi sociali. Ma a casa nostra, insieme».
La situazione, però, è un po’ più complicata di così. I provvedimenti finora assunti dalle autorità competenti, primo fra tutti l’amministratore di sostegno, si fondano su una corposa documentazione medica che attesta la condizione di fragilità di questa donna e la necessità che sia curata in una struttura ritenendo che «la dimissione sicuramente comporterebbe un nuovo scompenso dello stato di salute psicofisico» della donna.
Il signor Giuseppe, però, non si arrende. Assistito dall’avvocato Donato Marcucci, continua a rivolgersi al giudice tutelare e ora anche alla Procura, con due diversi esposti nei quali sostiene che la moglie sia trattenuta nella Rssa contro la sua volontà. «Lei mi dice sempre “portami a casa” e io devo salvarla».