Ambiente

A Bari regalare un bosco è per sempre

Barbara Minafra

La straordinaria idea «green» di Vincenzo e Paola per festeggiare i 25 anni di matrimonio. «Trenta piante non cambieranno il pianeta, ma spero che altri ci imitino»

BARI - Un bosco come regalo per i 25 anni di matrimonio. Più che lanciare una moda, Vincenzo e Paola, hanno voluto piantare un seme di cultura ambientalista. «Trenta piante non cambieranno il pianeta, ma spero che altri ci imitino. È tutta questione di sensibilità». Vincenzo Coppa vive tra la famiglia a Bari e il lavoro a Milano, dove osserva l’incombente siccità di un territorio non abituato a fare i conti con la carenza idrica come il nostro. Nei fine settimana raggiunge Gravina. Quasi al confine con Irsina, in Basilicata, da una decina d’anni ha una piccola masseria. «È una zona solitaria, molto bella dal punto di vista naturalistico, ma afflitta da tanti problemi: lo spopolamento e i giovani che emigrano, l’agricoltura intensiva che distrugge il paesaggio, l’abbandono del territorio che causa smottamenti».

Come è nata la vostra idea?

«Una festa in campagna con parenti e amici per festeggiare insieme. Invece del solito regalo abbiamo pensato di invitarli ad andare da un vivaista-paesaggista di Gravina per costruire insieme un inizio di bosco. Abbiamo messo a dimora una trentina di piante tipiche del territorio, ciascuna dedicata a chi ce l’ha donata, legate al nostro futuro. Questo bosco non cambierà il nostro destino, ma spingerà verso una sensibilità di cui tutti avremmo bisogno. Anni fa, con lo stesso spirito, siamo riusciti a far nominare monumentali due alberi che sorgono nel nostro terreno e che finora sono gli unici di Gravina, ma adesso molti altri si stanno muovendo nella stessa direzione. In Puglia si fa tantissimo rispetto ad altre regioni del Sud, ma si potrebbe fare di più per far conoscere il modo diverso che abbiamo di vivere, più legato all’ambiente. Per i territori rimasti ai margini dell’industrializzazione più spinta, più agricoli, più legati alle tradizioni è il momento di far capire che bisogna cambiare. Quando hai figli e nipoti cominci a chiederti come vivranno. Bisogna fare, non basta più parlare dei cambiamenti climatici».

È stato gettato un seme, con una trentina di piante. Cosa suggerisce di fare?

«Un progetto potrebbe essere quello di aiutare i piccoli agricoltori a riforestare piccole parti di territorio. A Gravina ci sono colline nude, bellissime, che sembrano dipinte da De Chirico, ma stanno venendo giù perché non ci sono più i boschi che rinsaldano il terreno. Anche lo smart working è una grande opportunità per i piccoli centri rurali. Al Nord, dove molte zone stanno già razionando l’acqua e l’agricoltura è in crisi, con l’ex presidente del Centro di Eccellenza per la Sostenibilità dell’Ateneo di Bari e ora assessore alla Bioeconomia a Mola di Bari Elvira Tarsitano, stavamo pensando di lanciare una “Mediterranean wave” per la gestione delle acque. Noi siamo abituati alla scarsità dell’acqua, a considerarla risorsa preziosa e a usare sistemi di accumulo come le cisterne. Qui oggi parlano dei pozzi artesiani come di soluzioni innovative, ma occorrerebbe mutuare tutta l’esperienza del nostro territorio, che per altri è avanguardia».

Nel 2001, pur conservando il lavoro a Milano, con sua moglie ha scelto di tornare in Puglia, che aveva lasciato anche sua madre. Come mai?

«Qui ho scoperto una terra bellissima che per me prima era solo mare e da una decina d’anni è nei paesaggi bellissimi dell’interno. Per lavoro mi occupo di gestione del rischio e controllo e vedo in questi territori una grande opportunità perché possono raccontare quello che potrebbe essere il nostro futuro. Per questo ho fondato Laverdevia, una piccola associazione per attivare un processo di rinascita delle zone rurali e trasformare questi posti in un grande laboratorio di sostenibilità a cielo aperto. Il nostro bosco è solo il punto di partenza».

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