Il caso

Processo «Escort» a Bari, Lavitola non si presenta e fa sapere: «Non parlerò»

L'ex direttore dell'Avanti è testimone nel processo a carico di Berlusconi. La presidenza del Consiglio dei ministri si conferma parte civile contro Berlusconi

BARI - È durata pochi minuti, questa mattina, l'udienza del processo a carico del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, imputato a Bari per induzione a mentire con l’accusa di aver pagato le bugie dette dall’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini ai pm che indagavano sulle escort portate tra il 2008 e il 2009 nelle residenze dell’allora presidente del Consiglio.

La Procura aveva citato come testimone Valter Lavitola, ex direttore dell’Avanti, che non si è presentato e ha fatto sapere che nella prossima udienza si avvarrà della facoltà di non rispondere. Secondo l’accusa Lavitola sarebbe stato il tramite dell’ex premier con Giampaolo Tarantini. La posizione di Lavitola in questo processo fu stralciata nel corso dell’udienza preliminare per incompetenza territoriale, e il procedimento a suo carico è stato trasferito a Napoli.

In una mail letta oggi in aula dal giudice Valentina Tripaldi, Lavitola si è detto impossibilitato a presenziare e ha annunciato la decisione di avvalersi della facoltà di non rispondere nella prossima udienza in cui sarà teste accompagnato. Il giudice ha disposto nei suoi confronti una sanzione di 300 euro per mancata comparizione. Il pm ha quindi nuovamente citato Lavitola come teste per l’udienza fissata il prossimo 10 marzo (ore 9). Il 31 marzo è invece previsto l’esame dell’imputato Silvio Berlusconi difeso dai legali Roberto Eustachio Sisto e Federico Cecconi

La presidenza del Consiglio dei ministri, questa volta, resta parte civile nel processo. Non si è ripetuto quanto accaduto lo scorso 13 febbraio quando ha revocato la propria costituzione di parte civile nel processo 'Ruby ter' che si è concluso a Milano con l’assoluzione, fra gli altri, dell’ex premier «perché il fatto non sussiste».

Nel processo «Escort» Berlusconi è imputato per induzione a mentire con l’accusa di aver pagato le bugie dette dall’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini ai pm che indagavano sulle escort portate tra il 2008 e il 2009 nelle residenze dell’allora presidente del Consiglio.

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