BARI - Sette persone sono state arrestate nella Bat e nel Barese, dopo un blitz della polizia che ha sventato un sequestro di persona a scopo di estorsione. Le accuse sono di tentato sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravato dal metodo mafioso. Alle prime ore dell’alba, ad Andria e Barletta ed in altri Comuni della Regione, su disposizione di questa Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, le Squadre Mobili della Questura di Bari e della Questura di Barletta-Andria-Trani hanno eseguito l’ordinanza di applicazione di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Bari, nei confronti di sette soggetti, ritenuti responsabili, in concorso tra loro, di tentato sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravato dall’aver commesso il fatto con “metodo mafioso”. In carcere sono finiti Amerigo Elia, 58enne, Giuseppe Lapenna, 50enne, Luigi Pistillo, 40enne, Paolo Antolino, 52enne, Giovanni Matarrese, 56enne, tutti di Andria, Savino Gorgoglione, 38enne di Barletta. Agli arresti domiciliari il 26enne di Barletta Vincenzo Zicchillo.
Le indagini, estremamente complesse, che hanno portato agli arresti odierni sono state condotte dalle Squadre Mobili del capoluogo pugliese e della provincia di Bat, con il coordinamento di questa Direzione Distrettuale Antimafia ed hanno consentito di scoprire (a livello gravemente indiziario) e soprattutto sventare il progetto, ideato e pianificato da tempo, giunto alla fase concretamente esecutiva il 22 aprile 2022, di sequestrare un facoltoso imprenditore barlettano, con lo scopo di estorcere denaro in cambio della sua liberazione. Nel tardo pomeriggio di quel giorno, dopo settimane di preparazione, il progetto criminale stava per giungere a compimento, perché il gruppo che aveva progettato il sequestro era in effetti entrato in azione. Ad ognuno era affidato uno specifico ruolo e precise modalità di intervento: la c.d. “bacchetta” monitorava l’abitazione e gli spostamenti dell’imprenditore, segnalando l’eventuale presenza delle Forze dell’Ordine. Due degli indagati, a bordo di distinte autovetture, si erano posizionati nei pressi dell’azienda da dove sarebbe uscito l’imprenditore, con il compito di monitorarne gli sposamenti per comunicarli agli altri complici che lo avrebbero sequestrato, per poi recarsi presso l’abitazione della vittima ed estorcere il prezzo per la sua liberazione.
La pianificazione era stata portata avanti in ogni minimo dettaglio, al punto tale che le autovetture dei presunti responsabili del grave delitto, erano già posizionate nei pressi dell’azienda, in attesa che l’imprenditore rincasasse. Sfuggiva, naturalmente, agli autori del piano la presenza degli agenti della Polizia di Stato, appostati per monitorare le mosse degli indagati, interrompendone, al momento opportuno, l’azione ed impedendo di fatto il sequestro. Una delle persone arrestate, all’epoca dei fatti, era detenuto agli arresti domiciliari nella propria abitazione di Andria. È stata contestata anche l’aggravante prevista dall’art. 416 bis.1, c.p., per aver commesso il fatto con metodo mafioso, in considerazione della caratura delinquenziale dei soggetti coinvolti, delle modalità esecutive delle condotte, tali da evocare la forza intimidatrice tipicamente mafiosa, del contesto ambientale di operatività, caratterizzato dal fenomeno dei c.d. “sequestri lampo”, purtroppo esistente nel territorio della provincia Barletta-Andria-Trani. Infatti, la vicenda relativa al tentato sequestro sventato, era stata preceduta da altro, analogo episodio - in questo caso consumato - avvenuto ad Andria negli ultimi mesi del 2021, ai danni del figlio di un noto e facoltoso imprenditore andriese che, per la liberazione del proprio congiunto, aveva ricevuto una richiesta di riscatto di centinaia di migliaia di euro.
È importante sottolineare che il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e che, all’esecuzione della misura cautelare odierna, seguirà l’interrogatorio di garanzia e il confronto con la difesa degli indagati, la cui eventuale colpevolezza, in ordine ai reati contestati, dovrà essere accertata in sede di processo, nel contraddittorio tra le parti.
L'APPELLO DEL PROCURATORE: «DENUNCIATE»
“A volte ci mettiamo tempo ma ci arriviamo. Invito gli imprenditori vittime di questi reati a collaborare, il loro silenzio non è solo un danno per lo Stato ma mette a rischio altre persone che possono subire lo stesso terrificate reato”. È l’appello del procuratore di Bari Roberto Rossi lanciato durante la conferenza stampa sul blitz che ha sgominato la banda di presunti sequestratori andriesi. Una indagine che “svela un fenomeno criminale molto grave nella Bat – ha detto Rossi - , quello dei sequestri lampo a scopo di estorsione. Un fenomeno sconosciuto da anni alle forze dell’ordine perché c’è un silenzio delle vittime derivane dalla forza di intimidazione mafiosa, grave perché vuol dire sfiducia nello Stato da parte degli imprenditori e dei parenti dei rapiti”. La vicenda, che non è stata denunciata come detto, è stata scoperta grazie alle intercettazioni, attivate nell’ambito di un’altra inchiesta su un precedente sequestro di persona consumato ad Andria a ottobre 2021. “Le intercettazioni si confermando importantissime” ha ribadito il procuratore, tornando sul tema in questi giorni al centro del dibattito politico. Non è mancato anche il riferimento alla riforma Cartabia. Uno degli arrestati, infatti, era tornato libero il 30 dicembre perché era detenuto per violenza privata aggravata dal metodo mafioso ma si tratta di un reato diventato procedibile a querela e, mandando la querela, il criminale era stato scarcerato. “Un errore della legge Cartabia – ha detto Rossi – è non aver posto la dovuta attenzione a reati apparentemente minori. La criminalità organizzata, per esempio, ha regole che valgono anche nei contesti famigliari” e quindi, è il ragionamento del procuratore, anche una violenza privata può rivelare dinamiche criminali di una certa gravità.