Il caso

Decaro: «Sindaci chiedono contorni precisi sulle responsabilità». Sisto: «Al vaglio se cancellare o cambiare abuso d'ufficio»

Redazione online

«Il 93% degli amministratori indagati è assolto o archiviato»

BARI - «Non chiediamo di abrogare i reati dei sindaci, non vogliamo l’impunità. Se un sindaco sbaglia utilizzando un ruolo che gli è stato affidato dai cittadini deve pagare più degli altri». Lo ha detto il sindaco di Bari e presidente dell’Anci, Antonio Decaro, durante il convegno 'Magistratura e stampa. Democrazia, informazione, giurisdizione' in corso a Bari, a proposito della possibile revisione del reato di abuso d’ufficio. «Chiediamo solo che le responsabilità dei sindaci abbiano contorni precisi - ha proseguito -. Non è possibile ritrovarsi indagato solo perché si è sindaco. Occorre una revisione anche perché il 93 per cento degli amministratori locali indagati finisce con l’essere assolto o archiviato».

Decaro ha poi ricordato un aneddoto personale: «Anche io sono stato indagato per concorso in tentato abuso di ufficio. Se non fosse stato per il rito abbreviato, non mi sarei ricandidato. Mi sono ritrovato su tutti i giornali e telegiornali nazionali e a un certo punto ho pensato al suicidio». «Molti amministratori locali si dimettono o non si ricandidano perché fare il sindaco è rischioso - ha concluso -. Si rischia di ritrovarsi indagati o minacciati dalla criminalità».

LE PAROLE DI SISTO

«C'è la necessità di intervenire sul reato di abuso di ufficio. Siamo di fronte a cinquemila iscrizioni sul registro degli indagati in un anno, con sole 27 sentenze di condanna». Lo ha detto il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, a margine di un convegno a Bari. «I processi durano anche quattro anni - ha proseguito - quindi una revisione è necessaria. Si valuterà se cancellare la norma o intervenire per rendere più tipiche alcune forme di abuso di ufficio in modo da evitare che questa norma incida negativamente sulla fisiologia dell’attività amministrativa». 

ANM: PROCESSO PENALE NON È LUOGO DELLA SEGRETEZZA 

Per il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), Giuseppe Santalucia, «il processo penale non è il luogo della segretezza e non lo sono neanche le indagini che devono rimanere segrete solo in casi eccezionali. Il segreto è contrario alla democrazia». Santalucia lo ha detto nel corso del convegno 'Magistratura e stampa. Democrazia, informazione, giurisdizionè, a Bari, al quale ha partecipato anche il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto. Quanto alle indagini, Santalucia ha precisato che «dovrebbero essere più veloci, ma il legislatore con la riforma Cartabia sta spingendo verso una maggiore pesantezza».
Il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto ha replicato che «il segreto nella fase delle indagini è la regola, almeno finché gli atti non vengono portati a conoscenza dell’indagato». «Il governo - ha aggiunto - vuole mettere ordine perché siamo di fronte a processi mediatici che sono punitivi più di quelli in aula perché sono senza difesa e senza appello».
Al termine del convegno il viceministro Sisto, rispondendo alla domanda sulla possibile entrata in vigore della riforma Cartabia il primo gennaio, ha detto: «Entrerà in vigore assolutamente. Non c'è alcuna possibilità che non accada». Santalucia ha evidenziato che «la riforma entra in vigore con una discreta disciplina transitoria della cui assenza ci eravamo lamentati».

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