Giustizia e salute
Legionella, «infezione in corsia» a Bari: ecco la superperizia che sarà discussa in udienza. «Manca prova scientifica per morti Policlinico Bari»
In due casi su quattro la correlazione tra il batterio killer che sarebbe stato contratto nel Policlinico e i decessi è risultata «probabile»
BARI - Tutti i quattro pazienti morti al Policlinico tra maggio 2018 e agosto 2020 avevano la legionella, presumibilmente contratta in ospedale durante le settimane di ricovero, ma solo per due di loro è possibile ritenerla una causa o concausa diretta del decesso, mentre per gli altri due è da ritenersi al massimo «probabile». Per nessuno di questi pazienti, però, è stato fatto l’esame colturale e quindi manca identificazione fra il sierogruppo del campione biologico e il sierogruppo dei campioni ambientali. In altre parole: non è stato possibile accertare l’eventuale corrispondenza tra i ceppi batterici (quello contratto dai pazienti e quello presente nei reparti).
È in estrema sintesi la conclusione a cui giungono i periti nominati dal Tribunale di Bari nell’incidente probatorio chiesto dalla Procura per stabilire la presunta sussistenza di un «nesso tra l’infezione da legionella e la morte» dei quattro pazienti - escluso in fase cautelare dai giudici del Riesame - attraverso una perizia medico-legale. Secondo la Procura «è innegabile, in base a quanto evincibile dalle cartelle cliniche acquisite agli atti, nonché dalle consulenze tecniche, che l’infezione da legionella si fosse sovrapposta alla situazione precedente di comorbilità, aggravandola sino al punto da determinare il decesso».
Le verifiche per accertare o smentire questa tesi sono state eseguite nell’arco di oltre un anno dagli esperti Giulio Di Mizio, Emanuele Nicastri, Francesco Enrichens e Raffaele Maio. La perizia con le loro valutazioni conclusive sarà discussa oggi davanti alla gip Luigia Lambriola nel contraddittorio delle parti (la Procura e le difese dei cinque indagati, il dg e altri quattro ex dirigenti del Policlinico).
LA PERIZIA - Gli esperti sono stati chiamati a stabilire l’eventuale correlazione tra le infezioni da legionella e i decessi di quattro pazienti: Gennaro Del Giudice, 79 anni, morto il 10 giugno 2018, Domenico Martinadonna, 68 anni, morto il 2 maggio 2019, Francesca Nuzzolese, 74 anni, morta il 26 novembre 2019, Vincenzo Ficco, 55 anni, morto il 5 agosto 2020. Secondo i periti la morte di Del Giudice e di Ficco è da ritenersi correlata alla polmonite da legionella, quella degli altri due pazienti «un caso probabile». «Tutti i casi comunque - si legge nella relazione - appaiono epidemiologicamente associati alla assistenza sanitaria», il batterio cioè sarebbe stato contratto in ospedale, «ma il criterio di identificazione genotipica della legionella tra microrganismo isolato da paziente e microrganismo ambientale non ricorre in nessuno dei quattro casi». Peraltro si tratta in tutti i casi di «pazienti fortemente immunosoppressi per le patologie di base da cui sono affetti e per i farmaci immunosoppressori che assumono».
I QUATTRO CASI - Per il signor Del Giudice, ricoverato nel reparto Frugoni del padiglione Chini, i medici ritengono che «la causa determinante il deterioramento clinico del paziente sia da ascriversi a una grave pneumopatia da legionella, che attraverso una importante compromissione sistemica, in un paziente con numerose patologie preesistenti, ne ha determinato il decesso». Il caso di polmonite da legionella del secondo paziente, Martiradonna, ricoverato nella rianimazione di Ascelpios dopo un incidente stradale, viene definito «probabile, perché - spiegano i periti - si è sovrapposta ad una situazione clinica già estremamente compromessa e appare sostenere solo un ruolo concausale rispetto all’evento morte». «La tempistica di insorgenza dell’infezione polmonare diagnosticata dopo circa due mesi dal ricovero - comunque - fa ipotizzare l’acquisizione in ospedale», anche se «non si hanno a disposizione campionamenti ambientali».
«Altamente probabile il nesso di causalità tra ricovero, infezione e decesso» della signora Nuzzolese. «Il tempo intercorso tra la comparsa dei sintomi e il decesso (meno di 3 giorni) indica quanto grave sia stata l’infezione manifestatasi in condizioni di immunodepressione». Nell’ultimo caso «confermato», quello del 55enne Ficco, i medici hanno accertato la «presenza di polmonite da legionella correlata al decesso del paziente». L’infezione, contratta in ospedale, «appare sostenere un ruolo concausale rispetto al decesso. In realtà - aggiungono i periti - l’evento che ha favorito, probabilmente, l’evoluzione rapida e sfavorevole è da attribuirsi alla terapia immunosoppressiva alla quale il paziente era sottoposto, alle numerose comorbidità e ad altre co-infezioni».
LEGIONELLA: MANCA LA PROVA SCIENTIFICA
Non esisterebbe un’evidenza scientifica che i quattro decessi avvenuti nel Policlinico di Bari fra maggio 2018 e agosto 2020 siano collegati a una legionellosi contratta durante il ricovero. E’ quanto hanno sostenuto oggi le difese degli indagati nel corso dell’incidente probatorio chiesto dalla Procura e discusso davanti al gip Luigia Lambriola, durante il quale i periti nominati dal Tribunale di Bari hanno esposto le proprie conclusioni allo scopo di stabilire un «nesso fra l’infezione da legionella e la morte» dei pazienti. Come hanno evidenziato gli stessi esperti, per nessuno dei casi è stato effettuato l’esame colturale, l'unico che consente di stabilire una correlazione certa fra la legionella presente negli impianti idrici di alcuni reparti e quella nei liquidi biologici dei pazienti. Manca quindi l'identificazione fra il sierogruppo del campione biologico e il sierogruppo dei campioni ambientali.
I periti ritengono tuttavia che per due pazienti l’origine dell’infezione sarebbe confermata, e in altri due casi sarebbe probabile, in quanto «tutti i casi appaiono epidemiologicamente associati alla assistenza sanitaria». Il batterio sarebbe quindi stato contratto in ospedale «ma il criterio di identificazione genotipica della legionella tra microrganismo isolato da paziente e microrganismo ambientale non ricorre in nessuno dei quattro casi».
I pazienti (Gennaro Del Giudice, 79 anni, morto il 10 giugno 2018; Domenico Martinadonna, 68 anni, morto il 2 maggio 2019; Francesca Nuzzolese, 74 anni, morta il 26 novembre 2019; Vincenzo Ficco, 55 anni, morto il 5 agosto 2020) sono inoltre risultati «fortemente immunosoppressi - secondo la perizia - per le patologie di base da cui sono affetti e per i farmaci immunosoppressori che assumono», e pertanto l’infezione potrebbe aver contribuito a causarne il decesso. Al termine dell’udienza di esame dei periti, durata oltre quattro ore, gli atti sono stati restituiti ai pubblici ministeri che dovranno ora decidere se esercitare l’azione penale. Le misure cautelari interdittive nei confronti di tre dirigenti del Policlinico, disposte su richiesta della Procura, furono annullate dal Tribunale del Riesame.