Il caso
Terlizzi, la famiglia De Chirico: «Vogliamo la verità su nostra figlia, non fu suicidio»
La ventiduenne fu trovata con un cavetto attorno alla gola nel 2016. La vicenda è avvolta dai dubbi
TERLIZZI - Chiedono di sapere la verità sulla morte della loro Claudia. Non credono che la loro «bambina» possa essersi suicidata. A distanza di sei anni sono distrutti ma lucidi Nino e Maria de Chirico, i genitori di Claudia, la 22enne trovata morta a Terlizzi all’alba del 22 dicembre 2016 sul pianerottolo della scalinata del sottovia ferroviario di via Mazzini. Attraverso loro legali, nel corso di questi anni, i genitori in quanto persone offese si sono opposti già due volte alle richieste di archiviazione del relativo fascicolo d’inchiesta. Opposizioni che il Gip del Tribunale di Trani ha accolto in entrambi i casi chiedendo un supplemento investigativo per maggiori approfondimenti.
Secondo il medico legale, incaricato di una consulenza tecnica autoptica dalla Procura, Claudia De Chirico si sarebbe suicidata per impiccagione incompleta, utilizzando un cavo Usb trovato stretto attorno al collo della 22enne. Ma, come detto, sia i genitori che il loro legale, l’avv. Bepi Maralfa, continuano a non credere all’ipotesi del suicidio. Il fascicolo rubricato per istigazione al suicidio (e che costituisce uno stralcio del fascicolo principale, contro ignoti, sul decesso della De Chirico) vede indagato il 31enne fidanzato molfettese di Claudia: Davide Falcetta, che, difeso dall’avvocato Francesco Montingelli, ha sempre respinto gli addebiti. «Per un motivo o per un altro la ricerca della verità è sempre molto faticosa. I ritardi, spesso, concorrono alla dispersione delle prove», ha commentato l’avv. Bepi Maralfa che, nei giorni scorsi, a nome dei genitori di Claudia, nell’udienza tenutasi dinanzi al Gip del Tribunale di Trani, Marina Chiddo, in via preliminare ha chiesto di poter visionare tutte le immagini delle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona del sottopasso ferroviario dove fu trovato il corpo esanime della giovane. Immagini che, a suo tempo furono acquisite dai carabinieri ed estratte in copia forense dall'allora consulente della Procura. Le stesse immagini, nonostante l'ordine del gip del Tribunale tranese, giacciono ancora sui supporti telematici originari, non visualizzabili.
Il Gip Chiddo, durante l’ultima udienza, dopo aver accolto la richiesta preliminare delle persone offese, ha ordinato al Pm inquirente di convocare un consulente per operare il riversamento dei video in formato leggibile. Tanto dovrà accadere entro e non oltre il 31 marzo e la prossima udienza per la valutazione dei contenuti è stata fissata per il prossimo 8 aprile.
Diversi i dubbi sollevati dai genitori De Chirico attraverso il loro difensore di fiducia. Sul corpo di Claudia furono trovate 36 lesioni. Il suo fidanzato si è giustificato dicendo che quel 22 dicembre di sei anni fa, al rientro serale da un matrimonio di amici, i due fidanzati litigarono per ragioni di gelosia e , sulla strada del ritorno, giunti nei pressi di un distributore di benzina, all'interno dell'area, Claudia aprì la porta dell'auto e si lanciò a terra. Nell'area del distributore erano presenti le telecamere e i genitori chiedono di appurare se le 36 lesioni possano essere compatibili con la caduta o ascrivibili ad altro. Non solo. Il cavo Usb adoperato dalla vittima per eseguire il presunto suicidio, era di una lunghezza apparentemente incompatibile con la manovra suicidiaria ipotizzata e, probabilmente, era compatibile con un intervento esterno che abbia quantomeno aiutato la vittima stringendole il cavo intorno al collo e provocandole il soffocamento. Appare inverosimile che una persona in stato di ubriachezza, quale era la vittima al momento del decesso, possa aver fatto una manovra che richiedeva un notevole grado di lucidità e che deve fare i conti con le caratteristiche e le dimensioni dello strumento adoperato per la presunta impiccagione (il cavo ha una lunghezza di 90 cm) oltre che con le manovre necessarie per realizzare i nodi rilevati e dar causa allo strozzamento.
A ciò si aggiunga il non trascurabile dato ricavato dal cavo trovato intorno al collo della vittima sul quale i Ris di Roma hanno fatto i rilievi e prelevato una traccia ematica con un profilo genetico misto, cioè di Claudia ma anche di un'altra persona, alla cui identità non è tuttavia possibile risalire. Per non parlare del telefono di Claudia sequestrato e del quale è stata estratta copia forense. I contenuti dei messaggi di chat e di quelli multimediali non sono mai stati trascritti. Insomma, quel cavetto usb e, soprattutto, le immagini delle telecamere di videosorveglianza del sottopasso della stazione ferroviaria di Terlizzi, quando saranno finalmente rese visibili, potranno risolvere il mistero della morte di Claudia. Troppo giovane per morire suicida e, qualora fosse stata uccisa, per essere archiviata senza conoscere il nome del suo omicida.