Bari - Secondo l’accusa avrebbero ottenuto rimborsi milionari per lavori di manutenzione stradale mai fatti, una truffa da 20 milioni per cui nel 2012 sono finiti ai domiciliari e nel 2018 sono stati condannati a 5 anni e 2 mesi di carcere. Storie di una vita fa, che domani la Corte d’appello di Bari potrebbe cancellare per via della prescrizione se - come accaduto in primo grado - i giudici riterranno che i fratelli Erasmo e Alviero Antro hanno sì truffato le banche ma non la ex Provincia di Bari, facendo venire meno l’aggravante e dunque anche i sequestri dei loro immobili.
E infatti negli anni la battaglia si è spostata nelle aule della giustizia civile, dove gli Antro stanno cercando silenziosamente di recuperare almeno una parte delle loro proprietà. Perché anche se a febbraio si sono detti nullatenenti per poter accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio (hanno dichiarato di possedere solo due vecchie moto) a fronte di debiti per 32 milioni, gli atti depositati in numerosi Tribunali raccontano una storia totalmente diversa.
Nel 2015 Alviero Antro ha detto addio alla villa di Rosa Marina, finita all’asta dopo il pignoramento da parte di BancApulia nonostante fosse già stato depositato un preliminare di vendita con l’avvocato barese Giacomo Olivieri. La villa è stata acquistata da un notabile della zona, il commercialista Domenico Bianco (il delegato alla vendita era inizialmente un giudice coinvolto nell’inchiesta della Procura di Potenza in cui è stato arrestato per corruzione il fratello di Bianco). Adesso Alviero sta cercando di salvare un uliveto di 6 ettari dedicato in parte a parcheggio della discoteca «L’Aranceto»: nel 2012 due imprenditori lombardi gli hanno ceduto la società che ha in pancia i suoli (ora intestata alla ex moglie), ma non sono mai stati pagati e hanno avviato i pignoramenti.
Per tentare di bloccare la vendita, Alviero Antro si è costituito nel procedimento davanti al Tribunale di Brindisi, ammettendo pacificamente un reato (ormai prescritto): «Il sig. Antro, allo scopo di occultare la propria reale consistenza patrimoniale a terzi, atteso lo stato di crisi in cui era incappata la sua attività imprenditoriale e le vicende giudiziarie che avevano avuto avvio con le indagini della Procura della Repubblica di Bari pubblicate costantemente sugli organi di informazione regionali (Repubblica, Gazzetta del Mezzogiorno) intestava fiduciariamente in favore della moglie Pizzi Valentina buona parte del suo patrimonio».
Antro ha insomma detto che quei suoli mai pagati in realtà sono suoi, e dunque che non possono essere venduti perché la moglie deve restituirglieli. Il giudice brindisino, Paola Liaci, ha però respinto l’opposizione e la vendita all’asta è andata avanti (i suoli, aggiudicati a un trentenne di Bari che risulta nullatenente, non sono ancora stati pagati). Erasmo Antro ha presentato reclamo. Ma gli avvocati che difendono i venditori lombardi hanno fatto notare una circostanza abbastanza inquietante: nell’opposizione alla vendita Alviero Antro ha «asserito un credito di 525.000,00 euro» nei confronti dell’ex moglie, mentre nella procedura di liquidazione del patrimonio davanti al Tribunale di Bari, dove ha detto di essere costretto a vivere a spese della compagna, ha dichiarato «un debito di euro 126.000 nei confronti del coniuge per oneri di mantenimento». Insomma, i conti non tornano.
Sul fronte adriatico, però, non è andata meglio al fratello Erasmo: anche lui ha appena perso la sua villa di Rosa Marina, recentemente oggetto di grandi lavori di ristrutturazione. Pochi giorni fa la Corte d’Appello di Bari (presidente Sansone, relatore Dibisceglia) ha infatti accolto la richiesta di revocatoria presentata da Ubi Banca, uno dei tanti istituti rimasti con un pugno di mosche a seguito di alcuni decreti ingiuntivi mai onorati. Nel 2009, quando tutto stava crollando, Erasmo Antro ha trasferito per pochi spiccioli la proprietà della villa «F-31», all’epoca valutata 1.200.000 euro, nella società Schemaventinove, riservando a se stesso l’usufrutto vita natural durante, e poi lasciando le quote della società nelle mani della moglie, con uno statuto che ne impedisce la vendita «se non in favore dei discendenti in linea retta dei soci, al fine di evitare qualsiasi eventualità futura di fuoriuscita sostanziale del bene dall’ambito familiare». Un espediente che, hanno scritto i giudici «ha di fatto seriamente compromesso la possibilità di un concreto integrale recupero del credito».
Anche qui, stesso discorso: «Gli appellanti affermano che Antro Erasmo ha un ampissimo patrimonio immobiliare, manifestamente idoneo ad assolvere in via generale ad ogni responsabilità. Ma la Banca ha documentato che sui beni immobili di proprietà di Antro Erasmo vi sono vincoli pregiudizievoli derivanti dalle iscrizioni ipotecarie rinvenute, pari ad oltre 15 milioni di euro», cui sommare gli 11 milioni di risarcimento stabiliti a favore delle banche dalla sentenza penale di primo grado. Obblighi che la prescrizione, comunque, non farà venire meno. E secondo la Corte d’appello anche l’operazione sulla villa di Rosa Marina «si inquadra, nell’ambito del più ampio piano delittuoso, in un piano finalizzato a sottrarre a future azioni recuperatorie le proprietà immobiliari di maggior pregio e valore». Ma la banca si sta lentamente riprendendo tutto.
L’AVVOCATO DI BIANCO: VENDITA REGOLARE
L’acquisto della villa di Rosa Marina appartenuta ad Alviero Antro «è avvenuto nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare del tutto esente da qualsivoglia profilo di opacità». E’ quanto dice l’avvocato Domenico Attanasi, difensore di Domenico Bianco. «L’acquisto è stato caratterizzato da una attività di controllo giudiziale addirittura supplementare rispetto all’ordinario trattandosi di immobile sottoposto a sequestro da parte della autorità giudiziaria barese. Del tutto gratuito e lesivo appare dunque il surrettizio accostamento con le vicende giudiziarie al vaglio della Procura di Potenza». Domenico Bianco allo stato non risulta coinvolto nell’indagine di Potenza.