L'inchiesta
Le mazzette di Altamura: nei guai anche i collaboratori dell’ex sindaco
Avviso di conclusione a 20 persone: anche finanzieri e poliziotti
Bari - L’inchiesta deflagrò nel luglio 2017 con 11 arresti tra cui anche l’allora sindaco di Altamura, Giacinto Forte. A quasi quattro anni di distanza la Procura di Bari ha chiuso l’indagine su un presunto giro di mazzette pagate a Forte, all'epoca alla guida di una coalizione di liste civiche di centrodestra e centrosinistra, per assicurarsi favori e appalti. E sono saltati fuori altri episodi, compresi i favori fatti ad alcuni degli indagati da appartenenti alle forze dell’ordine.
Sono 20 le persone che hanno ricevuto l’avviso di conclusione firmato dai pm Marco D’Agostino e Claudio Pinto. Tra loro anche l’allora segretario del sindaco, Francesco Tota, 42 anni, accusato di concorso in corruzione per aver fatto da «intermediario» tra Forte e gli imprenditori Bertin Sallaku e Michele Fatigati (anche lui già a processo) nella consegna di una mazzetta di 15mila euro a fronte dell’aggiudicazione dei lavori al depuratore cittadino. Di false dichiarazioni al difensore è accusata invece un’altra collaboratrice di Forte, Rosa Immacolata Ventura, che nell’ambito di indagini difensive ha raccontato di essere stata presente all’incontro tra Forte, Sallaku e Tota e di non aver visto alcun pagamento.
Di corruzione è accusato anche un sottufficiale della Finanza, Biagio Novielli, che nel 2013 doveva effettuare una verifica fiscale nei confronti dell’azienda di Fatigati. Secondo l’accusa avrebbe evitato ogni rilievo in cambio di lavori edili per 2mila euro eseguiti dal cugino dell’imprenditore in casa della moglie. Di abuso d’ufficio e falso ideologico sono invece accusati due agenti della Stradale che nel 2017 hanno fermato sulla Statale 16 l’Audi di Roberto Tisci, ex vicesegretario del Pd di Acquaviva che era sotto intercettazione: l’uomo guidava con la revisione scaduta, con il telefonino all’orecchio e senza avere con sé la patente di guida, ma i due agenti lo hanno lasciato andare senza rilievi.
L’inchiesta della Finanza e dei carabinieri ha documentato l’inquinamento di una serie di procedure di appalto nei Comuni di Acquaviva, Altamura e Castellana Grotte, e ruota intorno all’imprenditore albanese Sallaku (titolare della Besa Costruzioni) e alla figura di Tisci, ritenuto il tramite di Sallaku con gli amministratori pubblici tra cui Forte (che si è dimesso a febbraio 2018): Tisci ha negato questo ruolo ma ha patteggiato una condanna a due anni e due mesi per corruzione, mentre Sallaku per la stessa accusa ha patteggiato due anni e quattro mesi. Ma ora l’accusa è stata estesa anche alla sua società. Nelle indagini entrò (e poi fu completamente scagionato) anche l’allora assessore ai Lavori pubblici della Regione, Gianni Giannini, che per questa storia si dimise salvo poi riprendere il suo posto a giugno 2018 quando il gip ha archiviato tutte le accuse. Tuttavia adesso la Procura contesta quattro episodi di falso ideologico e uno di truffa allo Stato alla sua collaboratrice dell’epoca e al dirigente del Personale della Regione per via del trasferimento della donna dall’Arem all’avvocatura regionale, provvedimento che - secondo le indagini - sarebbe illegittimo.