la sentenza
Bari, aggredì cronista: moglie boss clan Strisciuglio condannata a 16 mesi
Un anno e 4 mesi di reclusione per i reati di lesioni con l’aggravante mafiosa e minacce gravi ai danni della giornalista del Tg1 Maria Grazia Mazzola
BARI - Il gup del Tribunale di Bari Giovanni Anglana ha condannato la pregiudicata 44enne barese Monica Laera, moglie del boss del clan Strisciuglio di Bari Lorenzo Caldarola, alla pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione per i reati di lesioni con l’aggravante mafiosa e minacce gravi ai danni della giornalista del Tg1 Maria Grazia Mazzola.
L’episodio risale al 9 febbraio 2018. Laera era a processo per aver minacciato la cronista e averla colpita con un pugno al volto, in reazione alla richiesta di informazioni sui procedimenti penali a carico del figlio Ivan, all’epoca minorenne, mentre in quel momento all’interno dell’abitazione della famiglia Caldarola (la giornalista era in strada), era allestita una camera ardente perché la stessa mattina era deceduta una familiare.
La sentenza è stata emessa al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato. Nei confronti della coimputata, la 59enne Angela Ladisa, consuocera della Laera, il giudice ha emesso sentenza di condanna a 4 mesi di reclusione (pena sospesa) per oltraggio a pubblico ufficiale. E’ stato riconosciuto il risarcimento dei danni alle costituite parti civili, oltre alla vittima, Rai, Associazione Stampa romana, Fnsi, Comune di Bari, Ordine nazionale dei Giornalisti e Libera.
LA SODDISFAZIONE DEL SINDACO DECARO - Il sindaco Antonio Decaro esprime «soddisfazione» per la pena inflitta. «La condanna per lesioni e minacce con l’aggravante del metodo mafioso - commenta Decaro - riconosce la brutalità dell’aggressione subita da Maria Grazia Mazzola mentre svolgeva il suo lavoro. Il Comune, nel costituirsi parte civile con gli avvocati civici Biancalaura Capruzzi e Camilla Caporusso nel processo ai danni di Monica Laera, ha voluto sin da subito condannare con fermezza quest’atto violento chiaramente riconducibile a logiche di supremazia e controllo del territorio proprie dei clan criminali».
«A Maria Grazia Mazzola, che con coraggio ha denunciato l’accaduto, giunga l’abbraccio dell’intera città e la solidarietà di tutti i baresi che come lei non si sono mai arresi davanti a queste logiche. L'informazione, il diritto alla cronaca e il lavoro di denuncia nella nostra città - conclude - sono un diritto sacrosanto da difendere in tutte le circostanze».
L'AVVOCATO DI PARTE CIVILE - Anche in questa occasione, come sempre, la Federazione nazionale della Stampa italiana - anche a nome dell’Usigrai - era parte civile. Il sindacato dei giornalisti, rappresentato in giudizio dall’avvocato Roberto Eustachio Sisto, si era mobilitato con l'Usigrai già all’indomani dell’aggressione, promuovendo una manifestazione pubblica nel quartiere Libertà di Bari, dov'era avvenuto il fatto. «Continueremo ad assicurare senza sosta la nostra presenza al fianco di tutte le croniste e i cronisti minacciati, a tutela della loro sicurezza e del diritto dei cittadini a essere informati. Non ci possono essere temi o territori oscurati per le intimidazioni delle organizzazioni criminali», affermano Fnsi e Usigrai.
Per l’avvocato Roberto Eustachio Sisto, «la condanna con l'aggravante mafiosa costituisce il riconoscimento che nel nostro Paese l’informazione e la giustizia sono più forti di qualsiasi tentativo di intimidazione, fisica e non. Anche il riconoscimento del risarcimento dei danni nei confronti della Fnsi legittima ancora una volta l’operato del sindacato».