La testimonianza
«Pregate di non ammalarvi di null'altro che il Covid»
Da Bari una lettera alla redazione: «Pazienti lasciati in barella o addirittura sulla sedia del Pronto soccorso per ore in attesa del tampone prima di ricevere un minimo di assistenza»
Pregate di non ammalarvi di Coronavirus, certo. Ma soprattutto, pregate di non ammalarvi di qualcosa che non sia il Coronavirus. Pregate di non aver bisogno di una ingessatura, di non avere un infarto, di non necessitare una trasfusione. Perché se questo dovesse accadere a Bari, rischiate di non ricevere adeguata assistenza.
Ieri ho assistito nel Pronto soccorso del Policlinico - area no covid, quasi del tutto scarico di pazienti - a scene allucinanti. Pazienti lasciati in barella o addirittura sulla sedia del Pronto soccorso per ore in attesa del tampone prima di ricevere un minimo di assistenza, senza che nessuno si interessasse di loro. Pazienti a cui è stato detto che non potevano usare il bagno. Pazienti a cui veniva urlato contro che per la Tac c'era da aspettare 3 ore perché i pazienti Covid hanno la precedenza e poi bisogna sanificare. E chissà quanto ci mettono.
Ieri ho visto un luogo infernale, in cui la dignità del paziente è completamente azzerata, la disorganizzazione del personale palese. Lo smarrimento totale. Siamo nelle mani del Fato, o chiamatelo come volete.
Ad un signore anziano e solo che si preoccupava della propria salute chiedendo quanto dovesse aspettare è stato risposto di andare via se voleva a proprio rischio e pericolo ma che c'erano da attendere ore. E che era meglio che fosse rimasto in silenzio.
Alla persona che accompagnavo non è stata fornita nemmeno una coperta nonostante ci fosse l'aria condizionata sparata, «perché dopo il Covid non ne abbiamo più». L’attesa è durata 12 ore. Dodici ore lunghissime e scomode trascorse al Pronto soccorso per ricevere infine una trasfusione e sentirsi anche dire: «Eh vabbe’, ma tu ti presenti a mezzogiorno, che vuoi?».
Siamo scappati dopo che ci è stato prospettata una attesa di almeno ulteriori quattro ore, il tempo necessario per fare un emocromo ed attendere poi l’esito. Siamo andati via: lo strazio e il disagio potevano bastare.
Forse nei reparti Covid ci saranno tutti gli «eroi» di cui si parla. Forse nei reparti Covid il personale sanitario ha recuperato tutta l’umanità e la cura e l’empatia che avevano smarrito. Questa l’unica spiegazione: a curare tutti gli altri, tutti quelli che comunque soffrono e stanno male e lottano contro patologie serissime, hanno lasciato medici e infermieri privi di umana compassione. Eppure il lavoro sanitario, al di là dei saperi, della bravura professionale, dell’esperienza, della competenza, dovrebbe avere anche ben marcato il profilo dell’Umanità. Tant’è.
Così mi sono dovuta convincere che a Bari - chissà se anche nelle altre città di Puglia e d’Italia - si curano solo le persone affette dal Coronavirus. Se state male per altre ragioni, arrangiatevi da soli, tra legionella che di tanto in tanto balza fuori anche negli ospedali all’avanguardia, disservizi e attese. Con tutte le migliori energie dirottate sul Covid e il resto della sanità pubblica lasciata nell’abbandono. Ricoveri sospesi e diagnosi che vengono effettuate magari troppo tardi.
E il Pronto soccorso del Policlinico - il più grande ospedale della regione, uno dei centri di riferimento dell’intero Mezzogiorno, dove pure si tratta l’emergenza, cioè il rischio della vita - assolutamente ignobile.