la tragedia

Molfetta, immigrato muore a 19 anni: si sospetta un caso di tubercolosi

matteo diamante

Un suo amico connazionale accusa: «Non è stato curato adeguatamente»

MOLFETTA - Sospetto caso di tubercolosi a Molfetta: un 19enne immigrato, di nazionalità senegalese, è morto tra le braccia di un suo amico. «Non lasciarmi, il mio sangue sta finendo e sto morendo, non respiro più». Sono queste le ultime parole pronunciate da Souba Balde, il giovane morto sabato scorso tra le braccia del suo amico in via Giovene.

Una storia drammatica, forse figlia dell’indifferenza. Il giovane immigrato, arrivato a Molfetta nel 2016, ufficialmente (secondo quanto riportato dal medico intervenuto sul posto) è morto per arresto cardiocircolatorio. Quello che però appare sempre più probabile è che dietro il decesso di Souba Balde ci sarebbe una grave infezione da tubercolosi.

«Il mio amico ormai da giorni tossiva sempre più forte - ha commentato Salif - e più volte gli ho detto di farsi controllare in quanto la situazione si stava facendo sempre più grave». Secondo quanto raccontato da Salif, anch’egli senegalese, la tosse era accompagnata da espettorati che contenevano sangue.

Una sintomatologia riconducibile proprio alla tubercolosi, patologia che lo stesso Souba Balde sospettava di avere. «Non sono sicuro del fatto che la tubercolosi fosse a lui già stata diagnosticata - ha proseguito Salif - ma sapevo che era stato visitato precedentemente da alcune strutture sanitarie della zona e che purtroppo non stava assumendo alcun farmaco, probabilmente - ipotizza - perché nessuno glielo aveva prescritto».

Il 19enne era giunto in Italia nel 2016 ed era stato affidato a una comunità del posto. Aveva conseguito un attestato per la lingua italiana e da qualche tempo lavorava presso un noto ristorante di Molfetta. Dal racconto del suo amico, tuttavia, emerge tutto l’aspetto drammatico della vicenda. Nonostante molti conoscessero le condizioni di salute del giovane, nessuno in particolare si sarebbe interessato a lui: questa l’accusa dell’amico.

Così come altrettanto drammatico è il racconto di Salif pochi istanti prima che il 19enne spirasse. «Sabato scorso ci eravamo appena seduti a tavola per cenare - ha affermato - quando Souba ha iniziato a sentirsi molto male. Aveva dei conati di vomito e rimetteva soltanto sangue. Ha iniziato a respirare con fatica e aveva capito che stava morendo. Mi stringeva le mani e non voleva essere lasciato».

Quasi inutile la richiesta di soccorsi, dice Salif: «Ho più volte telefonato al 118 ma non vi è stata risposta. Soltanto con una successiva chiamata al 113 è stato possibile richiedere l’intervento di un’ambulanza. Nel frattempo però Souba mi aveva già lasciato - ha proseguito il suo amico -, ho preso il suo corpo e l’ho riposto sul letto. Sono uscito con la mia bicicletta e mi sono diretto verso il comando dei Carabinieri per dare l’allarme. Soltanto in seguito è sopraggiunta una automedica nella nostra abitazione per constatare la morte del mio amico».

È stato Salif a informare la famiglia del ragazzo in Senegal e grazie all’intervento dell’ambasciata e di una raccolta fondi sarà possibile trasportare lì la salma. «In Italia il mio amico pensava di trovare la felicità - ha concluso Salif - ma ha trovato una morte che poteva essere evitata».

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