Bari - Giorni fa una giovane pendolare ha bloccato un pullman delle Sud Est perché si è rifiutata di indossare la mascherina. È dovuta intervenire la polizia chiamata dall’autista. Un altro autista, linee Amtab stavolta, addirittura nelle scorse settimane, avrebbe fermato la corsa, per far scendere due ragazzi restii ad utilizzare il presidio di sicurezza, che peraltro si erano piazzati alle sue spalle. «Hanno fatto bene», viene da commentare ai più di primo acchito, ma poi quanti di noi sono così ligi? Nell’estate della «movida a tutti i costi», con locali e spiagge gremiti all’inverosimile, settembre sta rappresentando un mini ritorno alla normalità, non foss’altro per la riapertura fisica delle scuole di ogni ordine e grado. Una normalità però, tarata dalla franchigia delle norme di sicurezza igienica, che non può prescindere dall’uso delle mascherine e dal rispetto del distanziamento sociale.
In alcune zone della città non è raro imbattersi in tanta gente «mascherata», in altre, complice la frequentazione dei più giovani, sembra quasi che il Covid sia solo un brutto racconto, un incubo che svanisce al risveglio. Eppure la nuova ondata di contagi, in costante aumento da metà agosto, dovrebbe indurre ad essere più cauti, se non ligi.
Al bar - Insomma, anche con la ripresa - a pieno ritmo? - delle attività scolastiche l’attenzione verso il rispetto delle regole dovrebbe essere elevata. «Prego, indossi la mascherina», è un richiamo, con tono garbato ma fermo, che ormai sentiamo fare con frequenza nei bar, nei pub e negli esercizi pubblici in generale. «Devo dire che i nostri clienti sono abbastanza bravi, spesso attendono fuori in coda prima di entrare se il bancone è già occupato, e in linea di massima hanno la mascherina - racconta Michele, barman del bar pasticceria Nicolì, in viale Kennedy-. Certo lavorare con naso e bocca coperti è una bella fatica, specie nelle giornate più calde, ma pian piano ci stiamo abituando».
In palestra - Anche nel campo delle attività sportive si sta cercando di tornare alle antiche abitudini, anche in questo caso «sotto commissariamento»: igienizzazione e sanificazione degli ambienti e degli attrezzi (palloni, manubri, corde e quant’altro), igienizzante e rilevazione della temperatura corporea all’ingresso, mascherina e tutte le precauzioni del caso.
«Abbiamo creato specifiche vie di accesso e di uscita dalla palestra, le scarpe da gioco vanno indossate all’interno, gli istruttori utilizzano la mascherina che invece ragazzi e ragazze che praticano sport mettono quando entrano e quando escono, mentre i genitori non hanno accesso alla palestra durante le lezioni», spiega Nicola Ferrante, responsabile di Adria Academy, la società che si occupa di minibasket e basket giovanile al PalaCarrassi. «Stiamo tentando già da questa estate di dare un pizzico di normalità ai nostri atleti e mini atleti, ma nel rigoroso rispetto delle regole, proprio come richiede e insegna lo sport. Certo ogni tanto qualcuno va richiamato all’ordine, ma niente di grave, né la totale deregulation che balza all’occhio in alcune zone della città, come ad esempio a lungomare», commenta.
In azienda - Anche negli uffici, la solfa non cambia. Chi non ha aderito allo smart working deve bardarsi con il cosiddetto dispositivo di sicurezza. «Io ho avuto la fortuna di poter far utilizzare al mio personale le mascherine sin da subito per il semplice fatto di avere una bella scorta tra le dotazioni antincendio», racconta Massimo Tavolaro, titolare di Apulia logistics, con sede nei pressi dell’Interporto, al San Paolo. «Adesso, però trovo una ingiustificata rilassatezza tra la gente: la mascherina sta diventando addirittura un mezzo pubblicitario, oltre che essere un dispositivo di sicurezza. La metti in viso, quindi la pubblicità la vedono tutti. In fondo è una buona idea, basta che queste mascherine “a fecondità ripetuta” (infatti sono lavabili) siano a norma».
«A dire il vero, al ritorno dalle vacanze, noto un allentamento dell’attenzione sulle norme di sicurezza, tanto è vero che in ufficio intendo fare un refresh del corso fatto a marzo - aggiunge Tavolaro -. È come se la gente fosse più distratta, non più abituata al rispetto delle regole. Se negli uffici ho parlato di refresh, per strada siamo all’Abc, ho la sensazione infatti che oggi in Puglia siamo peggio che a marzo scorso. Il turismo, i viaggi all’estero, ci hanno portato come regalo un bel po’ di infetti. Non dobbiamo invece abbassare la guardia», conclude.