la testimonianza

Coronavirus, Bari Palese: nell'aeroporto svuotato non si viaggia più, ma si resiste senza paura

Fulvio Colucci

Poche mascherine e molti sorrisi. In attesa che riparta tutto si lavora per ristrutturare lo scalo

Paura di volare, anzi no. «Un amico all’ultimo momento si è tirato indietro. Fifa da coronavirus. A noi ci aspetta Budapest, mica siamo scemi. Tre giorni di svago. E senza mascherina perché l’ho pure dimenticata. Il virus? Passerà». Negli occhi dei due ragazzi in partenza si riflette l’azzurro di questi cieli pieni d’ansia e vuoti di aerei a Palese.

Il bollettino di guerra è impietoso: Alitalia ha cancellato dal primo marzo all’otto marzo tre collegamenti con l’aeroporto di Milano Linate e due con Roma Fiumicino. Anche a Brindisi, nello stesso periodo, tagliati due voli su Milano e due su Roma. Misure più draconiane dalle compagnie straniere: sessantotto voli in meno (su 101) per gli ungheresi di Wizz Air (dall’11 marzo al 2 aprile), dodici collegamenti da Bari cancellati per la spagnola Volotea, Ryanair ha ridotto del 25 per cento l’offerta di voli nazionali e all’aeroporto «Casale» di Brindisi ne ha cancellati 32 tra il 17 marzo e l’8 aprile. A mezzogiorno i varchi delle partenze si animano. L’aeroporto di Bari, fino ad allora semi-deserto, sembra tornato ai «vecchi tempi». Il paradosso è che i «vecchi tempi» erano solo qualche giorno fa.

«Combattiamo questo momento senza paura, dando sicurezza. Anche un buon caffè vuol dire tanto». Il sorriso della barista è contagioso più di ogni timore. Funziona? «Certo. Noi pugliesi siamo così. E ora, in questa guerra da combattere e vincere, l’ospitalità, i sorrisi, la tranquillità verso i viaggiatori sono armi preziose. Un sorriso cambia la giornata e non importa se adesso ci sono pochi passeggeri. La situazione cambierà. Sconfiggeremo il virus, sconfiggendo anzitutto la paura madre di tutte le malattie: vere e immaginarie».

«Mi scuserà se non le do la mano, ma stando a quanto dice il governo è meglio così». Il giovane lavoratore dell’aeroporto ricorda «altri momenti difficili». Come vecchie pratiche, mai del tutto archiviate, Aeroporti di Puglia ha rispolverato i piani di emergenza preparati nel periodo successivo agli attentati terroristici dell’11 Settembre 2001 negli Stati Uniti e durante l’epidemia di Sars (l’infezione respiratoria del 2003 che provocò centinaia di morti in Asia, ndr) orientando il proprio personale: «Parola d’ordine: rassicurare. Qualche giorno fa un gruppo di passeggeri è arrivato in aeroporto e doveva prendere il volo per Parigi. Erano timorosi, ma mi sono permesso di avvicinarli. Avevano bisogno di fiducia. Sono partiti e sono convinto stiano trascorrendo una vacanza serena malgrado l’emergenza. Cosa diciamo? Anzitutto che in aeroporto non c’è quarantena. Cerchiamo di contrastare la psicosi».

Pescarne una in aeroporto è impresa rara. Un’addetta ai bagagli, un passeggero che transita velocemente acuendo quel senso di vuoto surreale da cratere lunare, quella paura che in aeroporto si combatte: guerra nella guerra alla paura del coronavirus. «Io non indosso la mascherina» dice una giovane lavoratrice all’imbarco. «Sia ai check-in che agli imbarchi abbiamo mascherine e guanti. Faccio così perché aiuta i passeggeri a non impressionarsi. La prima cosa è catturare i loro sguardi e rasserenarli».

«Voglio accoglierla con una buona notizia. È un miracolo di San Nicola». Antonio Vasile, vice presidente di Aeroprti di Puglia, ci fa accomodare nel suo ufficio. Alle spalle una pista vuota, un jet privato fende l’aria in fase di atterraggio, come gabbiano sparuto sul mare agitato. Gli schermi delle partenze si infittiscono di voli cancellati. «Non badi ai monitor - spiega - perché in realtà è un film che non viene proiettato» scherza col cronista e poi aggiunge: «La compagnia russa S7 Airlines ha confermato tutti i voli da Mosca verso Bari. Perciò le parlavo del miracolo di San Nicola. Si tratta di tre o quattro collegamenti settimanali. Per noi è un ottimo risultato». Vasile racconta il momento con asciuttezza manageriale e senza nascondere il cambio di rotta dovuto al momento difficile: «Siamo in guerra. Perciò abbiamo rispolverato le strategie dell’emergenza messe a punto l’11 Settembre del 2001 e durante l’epidemia di Sars in Cina e nell’estremo oriente. Cosa facciamo? Anzitutto diamo fiducia ai 343 dipendenti di Aeroporti di Puglia e ai circa 600 lavoratori dell’indotto. Dietro i numeri ci sono famiglie, figli, mutui, finanziamenti, vite da difendere. Allora la prima cosa da fare è continuare a lavorare. Come? D’intesa con la Regione abbiamo iniziato i lavori di ristrutturazione dello scalo rimasti in sospeso perché era difficile operare con le piste e l’aeroporto pieni di aerei e passeggeri. Sono partite - sottolinea Vasile - le opere di rifacimento della segnaletica sui piazzali e procederemo con altre attività: dai bagni alle opere di pitturazione. La forza delle società pubbliche è questa e noi la mettiamo in campo. Quando si tratterò di ripartire, superata la crisi, ripartiremo subito e nelle migliori condizioni. Rispondiamo persino alle mail rassicurando i passeggeri. Sugli aerei l’aria è filtrata al 90 per cento, dobbiamo rivedere le regole della privacy: servono sei ore per rintracciare 200 passeggeri al momento. Se avessimo i numeri di telefono, con un messaggio, abbrevieremmo i tempi. Da venerdì (domani, ndr) sarà attivo il termoscanner all’aeroporto di Bari».

«Come va? Malissimo». Il tassista ha i baffi intrisi di un sorriso amaro: «Ho subito un calo dell’80 per cento di richieste. Disastroso. Siamo stati i primi ad avere la peggio. Stamattina solo una corsa, ieri pomeriggio due. Io vedo i telegiornali e più che paura ormai è fobia. Va così, bisogna resistere». Mentre ci saluta riceve una chiamata e parte: «Grazie, mi portate fortuna». Così la vita all’aeroporto non si ferma.

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