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Processo escort: a Bari chiese tre conferme di condanna e un non luogo a procedere

 
Redazione online

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Chiesta condanna per Gianpaolo Tarantini, Sabina Began, Peter Faraone

Mercoledì 19 Febbraio 2020, 13:17

14:13

La Procura generale di Bari ha chiesto la conferma di tre condanne, pur a pene ridotte rispetto al primo grado, e il non luogo a procedere per un quarto imputato al termine della requisitoria d’appello del processo 'escort' in corso a Bari. La vicenda è quella delle donne portate fra il 2008 e il 2009 dall’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini nelle residenze dell’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. A oltre 12 anni dai fatti sono prescritte 13 delle 32 condotte di reclutamento e favoreggiamento della prostituzione contestate.In particolare per Tarantini, condannato in primo grado alla pena di 7 anni e 10 mesi di reclusione, è stata chiesta la condanna a 6 anni di reclusione, ritenendo prescritti sette dei 24 episodi. Per Sabina Began, "l'ape regina» dei party berlusconiani, è stata chiesta la conferma della condanna a 1 anno e 4 mesi. Per il pr milanese Peter Faraone, condannato in primo grado a 2 anni e 6 mesi, è stata chiesta la condanna a 2 anni di reclusione per prescrizione di due delle tre imputazioni contestate.

Infine per Massimiliano Verdoscia, condannato in primo grado a 3 anni e 6 mesi, è stato chiesto il non luogo a procedere per prescrizione di tutte le quattro imputazioni di reclutamento contestate all’imputato. Nella requisitoria il sostituto pg che rappresenta l’accusa, Giuseppe Iacobellis, ha evidenziato che «è l’atto in sé del reclutamento di donne per farle prostituire che ha rilevanza penale, nonostante l’eventuale consenso delle stesse, perché degradante la dignità umana».
Nella prossima udienza del 25 marzo la parola passerà alle difese per le arringhe e nella stessa data ci sarà sentenza.

PATRIZIA D'ADDARIO E TERRY DE NICOLO' ESCLUSE COME PARTI CIVILI - Patrizia D’Addario e Terry De Nicolò non saranno parti civili nel processo d’appello 'escort'. I loro ricorsi contro la sentenza di primo grado che non aveva riconosciuto i risarcimenti dei presunti danni subiti sono stati depositati tardivamente. Lo hanno deciso i giudici della Corte di Appello di Bari, accogliendo l’eccezione dei difensori degli imputati condivisa dalla Procura generale, in apertura del dibattimento del secondo grado di giudizio sulla vicenda delle 26 donne, anche le due oggi estromesse, portate fra il 2008 e il 2009 dall’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini a Roma e Arcore nelle residenze di Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio.
Nel processo quattro persone rispondono, a vario titolo, di reclutamento e favoreggiamento della prostituzione: Gianpaolo Tarantini (condannato in primo grado a 7 anni e 10 mesi di reclusione e 3mila euro di multa per 24 diversi episodi), difeso dall’avvocato Nicola Quaranta; Sabina Began, «l'ape regina» dei party berlusconiani (condannata a 1 anno 4 mesi e 200 euro); Massimiliano Verdoscia (condannato a 3 anni 6 mesi e 1.500 euro), difeso da Ascanio Amenduni e Nino Ghiro; e il pr milanese Peter Faraone, condannato in primo grado a 2 anni 6 mesi e mille euro di multa.
La sentenza di primo grado fu emessa dal Tribunale di Bari nel novembre 2015. Una volta in appello, poi, il processo è stato sospeso per quasi due anni in attesa che la Corte Costituzionale valutasse le questioni di legittimità della legge Merlin sollevate dai difensori di alcuni imputati, dichiarate "non fondate» a marzo scorso

«Ritengo che in questo processo abbia perso la donna, la cui dignità è stata calpestata, perché da accusatrice è diventata l’accusata». Lo ha dichiarato l’avvocato Pasquale Rago, difensore di Patrizia D’Addario, una delle donne portate dall’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini alle cene nelle residenze dell’ex premier Silvio Berlusconi, secondo l'accusa perché si prostituissero con l’allora presidente del Consiglio. Patrizia D’Addario aveva chiesto di costituirsi parte civile nel processo 'escort' in corso dinanzi alla Corte di Appello di Bari, dopo che in primo grado il Tribunale aveva rigettato la sua richiesta di risarcimento dei presunti danni subiti. I giudici dell’appello hanno dichiarato la sua richiesta inammissibile perché tardiva. A margine dell’udienza il legale, che ha assunto la difesa della donna nel dicembre scorso, a processo ormai iniziato, ha dichiarato, commentando l’esclusione come parte civile, che «se questo è il sistema, soprattutto in un momento di grave crisi sociale in cui parliamo di violenza in famiglia, di soprusi dell’uomo sulla donna, non avremo più nessuno che denuncia i soprusi subiti anche nell’ambito di queste forme di reclutamento».

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