L'aggressione
Bari, litiga col padre per l'eredità: gli stacca a morsi mezzo dito
Denunciato un 45enne: la vittima è un 85enne. È intervenuta la polizia
BARI - Il cannibalismo che ci portiamo dentro. Anziani, crudeltà, maltrattamenti e quelle furibonde liti in famiglia che finiscono a morsi. Ha azzannato il padre ottantacinquenne e con i denti incisivi gli ha staccato di netto la falange del dito indice della mano sinistra. Poi «la bocca sollevò dal fiero pasto, il peccator, forbendola», ossia pulendola dal sangue con la manica di quella maglia sgualcita che aveva indosso. Dopo il morso, il figlio degenere e ingrato, ancora per dirla con Dante, «latrò così come cane», (si mise a latrare come un cane), si percosse il petto e «sonò come fosse un tamburo» («risuonò come se fosse stato un tamburo») sotto lo sguardo colmo di sorpresa e di paura dell’anziano genitore.
La voce del figlio quarantacinquenne, incensurato, sovrastava quella padre e insieme le urla dell’uno e dell’altro, alle 5 di un pomeriggio di fine gennaio al quartiere Libertà, hanno costretto i vicini ad accorrere nella certezza che tra quelle pareti domestiche si stesse consumando un dramma. L’sos lanciato con una telefonata alla sala operativa della Questura ha fatto sì che gli agenti della Sezione Volanti dell’Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico, dopo pochi minuti, fossero dietro la porta di quell’appartamento a bussare per fermare l’aggressione e dirimere la controversia, a quanto pare sorta per questioni di denaro e proprietà.
Dopo aver riportato la calma e affidato l’anziano alle cure dei soccorritori del 118, i poliziotti hanno denunciato l’aggressore con istinto da cannibale. Da quello che si è saputo, padre e figlio, ancora conviventi, litigavano di frequente. La violenza contro le persone anziane è sottostimata e poco nota, a fronte, invece, della tendenziale crescita della popolazione di età avanzata, dovuta all’allungamento della vita media.
Si tratta di un fenomeno ancora poco indagato e che sembra destare minor interesse, sia scientifico che giudiziario, rispetto a quelli che riguardano altre tipologie di vittime. Il fenomeno dell’abuso e maltrattamento delle persone anziane, conviventi e non conviventi, sfugge spesso alla possibilità di essere visto ed ha pesanti costi finanziari. Le vittime il più delle volte non denunciano. Per vergogna, per paura, per amore quando l’aggressore è un figlio, un parente, un nipote. Le statistiche dicono che il 4 -6% della popolazione avanti negli anni subisce abusi all'interno delle propria abitazione e in due casi su 3 gli autori delle sopraffazioni sono membri della famiglia. Il 5 per cento delle vittime avrebbe più di 75 anni e il 20 per cento più di ottant’anni. Bisogno di denaro (da parte dei figli), disturbi del comportamento e incontinenza sarebbero i principali «eventi» capaci di scatenare l’intolleranza e la violenza dei familiari. Le donne, inoltre, costituirebbero più del 70 per cento delle vittime essendo più longeve degli uomini, spesso vedove o sole. La loro condizione le obbligherebbe spesso a dover richiedere aiuto dei familiari, se non addirittura a vivere con loro, aumentando il rischio d’intolleranza. Ci sono altri elementi che contribuiscono a mantenere il fenomeno «oscuro». Spesso, infatti, l’anziano vittima di abuso o maltrattamento non ha neanche la consapevolezza della condizione che vive; o ancora, quando ne percepisce la significatività, se ne vergogna. Inoltre, la maggior parte dei reati che subisce nasce in contesti di accudimento (domestici o presso strutture socio-sanitarie) in cui la relazione con l’abusante è caratterizzata da dipendenza; in certi casi, addirittura, denunciare metterebbe (come, purtroppo, è spesso accaduto) a rischio la sopravvivenza della vittima. Se si considera poi la violenza, in senso lato, come mancanza di rispetto, abuso, negligenza, fino a includere l’aggressione fisica, allora il binomio «vecchiaia-violenza» sembra quasi inevitabile. È, infatti, automatico pensare all’anziano come fragile, debole, vulnerabile per il solo fatto di essere tale.