La manifestazione
Bari, Salvini in Fiera: «Ora liberiamo la Puglia»
Il leader della Lega: «Tanti i disastri della sisnistra. Riportiamo a casa i pugliesi emigrati»
BARI - La Lega accende la campagna elettorale per le regionali grazie a una manifestazione identitaria nella quale, con l’intervento di Matteo Salvini, prova a ipotecare la golden share della coalizione: il comizio organizzato nello Spazio 7 della Fiera del Levante è stato una dimostrazione di forza e di capacità organizzativa (in una domenica prenatalizia) volta a rimarcare il ruolo centrale del partito negli scenari che porteranno all’indicazione nazionale del candidato governatore. La mobilitazione, che ha coinvolto oltre 2500 tra militanti e dirigenti, è giunta proprio mentre la Puglia affronta dossier roventi come il futuro dell’Ilva e la crisi della Banca popolare di Bari, temi sui quali Salvini non ha mancato di attaccare frontalmente il governo nazionale e Michele Emiliano, parlando davanti ad un manifesto dallo slogan eloquente: «Liberiamo la Puglia».
In sala c’era il popolo salviniano, con i massimi vertici del partito (dal coordinatore pugliese Luigi D’Eramo ai parlamentari Roberto Marti, Anna Rita Tateo e Rossano Sasso, ispirato presentatore dell’evento, passando per i deputati europei Andrea Caroppo e Massimo Casanova, fino al dirigente Nuccio Altieri e al vicesegretario federale Andrea Crippa). Tanti gli striscioni dei circoli - da Gioia del Colle al Salento - e non è mancato un pittoresco militane con mega crocifisso sotto il palco. In terza fila anche una rappresentante della comunità venezuelana, sostenuta dalla Lega nella dissidenza anti-Maduro.
I toni degli interventi prima di quello di Salvini sono stati tutti orientati contro il centrosinistra emilianista: Anna Rita Tateo ha simbolicamente «dichiarato guerra a Emiliano», Fabio Romito (con il leader dei giovani Marco Volpe) ha invitato «a sfrattare il governatore», mentre Roberto Marti ha sentenziato «che la Lega è pronta a cambiare le cose». Andrea Crippa ha evocato Nichi Vendola per affermare che «la famiglia è quella con un uomo e una donna», attaccando «la cultura del mondo Lgbt». Nuccio Alteri ha parlato di un «momento storico per la regione», mentre il coordinatore Luigi D’Eramo ha rivendicato la concretezza della Lega e attaccato il sistema delle raccomandazioni che vigerebbe in Puglia.
Salvini è arrivato in sala attraversando centralmente tutta la platea tra i selfie dei militanti e il primo affondo l’ha riservato alla crisi della Bpb: «Voglio vedere in galera quelli che hanno rubato i risparmi dei lavoratori pugliesi, degli imprenditori pugliesi. Voglio vedere in galera quelli che stanno rubando il futuro agli operai dell'Ilva di Taranto». E ha lanciato una frecciata al premier Conte: «Ditemi se possiamo avere un presidente del Consiglio che o è ignorante o è bugiardo, oppure tutte e due le cose». E ancora: «Non abbiamo banchieri da difendere. Sarà interessante andare a vedere se qualche amministratore con simpatie di sinistra non ha dato prestiti a qualcuno di sinistra che non poteva riceverli…».
La liberazione della Puglia dalla sinistra è il refrain di Salvini: «Qui la sinistra ha fatto tanti disastri. Da allenatore, prima del centravanti, mi preoccupo di una squadra competitiva, con un progetto serio», ha declinato a favore degli alleati. Poi, interrotto in un paio di occasioni da cori polemici («Aiutaci Matteo, no a Fitto»), ha enumerato i diritti che i pugliesi riconquisterebbero con il buon governo Lega: «Per me ci sono prima i pugliesi e poi il resto del mondo. I 200 milioni spesi dai pugliesi per curarsi altrove dovrebbero essere spesi per aiutare agricoltori e pescatori». E ha annunciato - oltre a definire «cretino chi discrimina un uomo per il colore della pelle» - che «la prima immigrazione di cui ci occuperemo è quella dei pugliesi costretti ad andare via: sono questi gli emigranti che vogliamo riportare a casa». Infine una battuta musicale: Salvini ha ricordato che «i confini sono sacri» e che al posto di “Bella ciao”, preferisce «la canzone sulle cui note i nostri nonni hanno dato la vita, quella del Piave».