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Bari, agente immobiliare ucciso: collega confessa, confermato ergastolo

 
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Bari, agente immobiliare ucciso: collega confessa, condannato a ergastolo in primo grado

La Procura generale ha chiesto la conferma dell’ergastolo ritenendo che Perilli abbia confessato solo «per ottenere in maniera cinica benefici non meritati»

Giovedì 21 Novembre 2019, 12:21

15:15

La Corte di Assise di Appello di Bari ha confermato la condanna all’ergastolo per il 50enne Roberto Perilli, l’agente immobiliare barese imputato per l’omicidio premeditato del collega 28enne Giuseppe Sciannimanico, ucciso il 26 ottobre 2015. La Corte ha emesso la sentenza dopo un’ora di camera di consiglio e non ha concesso le attenuanti generiche nonostante la parziale confessione dell’imputato arrivata solo oggi. Sciannimanico, ha detto Perilli, doveva essere intimorito per farlo desistere ad aprire un’agenzia concorrente.

Il 50enne Roberto Perilli, l’agente immobiliare barese condannato in primo grado all’ergastolo per concorso nell’omicidio premeditato del collega 28enne Giuseppe Sciannimanico, ucciso il 26 ottobre 2015, ha confessato in parte oggi in aula, durante il processo d’appello. In una lettera scritta di 8 pagine ha raccontato di aver incaricato il pregiudicato barese Luigi Di Gioia (condannato in abbreviato a 30 anni di reclusione per il delitto) di «andare giù duro con le mani» per intimorire Sciannimanico, senza volontà di farlo uccidere, per farlo desistere dall’aprire un’agenzia immobiliare concorrente alla sua nello stesso quartiere. Nonostante la confessione, la Procura generale ha chiesto la conferma dell’ergastolo ritenendo che Perilli abbia confessato solo «per ottenere in maniera cinica benefici non meritati» e la riduzione della pena. 

Nella ricostruzione dei fatti il pg, Giannicola Sinisi, ha evidenziato inoltre la sua convinzione che sul luogo del delitto «c'era una terza persona di cui ancora oggi non si fa il nome». Si sono associate alla richiesta dell’accusa le parti civili, assistite dagli avvocati Luca Colaiacomo, Francesco Paolo Ranieri e Nicola Quaranta. La difesa dell’imputato, gli avvocati Massimo Roberto Chiusolo e Rosita Petrelli, valorizzando la confessione, hanno chiesto alla Corte di «togliere quel 'fine pena maì dalla condanna», di "dare a Perilli una possibilità di fronte a questo cambiamento, la prospettiva di una vita possibile. Non stiamo chiedendo un premio, ma di determinare una pena ragionevole». La Corte di Assise di Appello, presidente Gabriele Protomastro, si è riservata. La sentenza sarà emessa a breve.

«Il ricordo di quanto accadde mi provoca una sensazione di immenso dolore. Potrebbe sembrare un voler ottenere clemenza ma io sono davvero disperato e distrutto. Rispetto il dolore dei familiari e della fidanzata della vittima ma, vi prego di credermi, io non potevo mai pensare che Di Gioia giungesse ad un gesto così estremo. Mai avrei potuto avallare un progetto così crudele». È un passaggio della lettera con la quale Roberto Perilli, nei confronti del quale è stata confermata oggi in Appello la condanna all’ergastolo per l’omicidio premeditato del collega Giuseppe Sciannimanico, ha confessato in aula di aver commissionato nell’ottobre 2015 al pregiudicato Luigi Di Gioia di «malmenare», e non di uccidere, il collega per il timore «che anni e anni di lavoro svolto tra mille sacrifici potessero essere travolti dalla presenza di una nuova agenzia».

Si è detto «sconvolto» per «la sofferenza che ho provocato e che in maniera esponenziale sto soffrendo nel ricordo e nel rimorso di quanto accaduto». Ha ammesso di aver accompagnato il sicario sul luogo del delitto, dopo avergli dato 2mila euro per l'acquisto di una pistola, ma di aver appreso solo più tardi, dalla stampa, che Sciannimanico fosse deceduto.
«L'arresto - ha scritto l’imputato nella lettera - fu quasi una liberazione da tale situazione che non mi faceva dormire notte e giorno».
«Perilli ha chiarito la sua posizione, - ha dichiarato a margine uno dei difensori, l’avvocato Rosita Petrelli - che resta quella di aver sollecitato altra persona a dare un avvertimento, utile a scoraggiare Sciannimanico ad aprire un’agenzia immobiliare nel luogo dove egli aveva per tanti anni esercitato la sua attività. Poi la situazione gli è letteralmente sfuggita di mano ed è accaduto quanto il mio assistito non avrebbe neppure immaginato».
«La Corte di Assise d’Appello - ha concluso la legale - non ha apprezzato il valore processuale di questa confessione. Leggeremo le motivazioni. L’ultima parola la dirà la Cassazione».

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