BARI - Ci mette un attimo Alberto dal Poz , numero uno di Federmeccanica, a indicare la priorità: «Il piano nazionale Impresa 4.0, già Industria 4.0, sia confermato e reso strutturale», dice dal «Nuove Pignone». La richiesta al governo è appunto quella di «mettere a disposizione di tutta l’impresa manifatturiera italiana uno strumento in grado di attrarre investitori».
Dal Poz è nello stabilimento Bhge - Nuovo Pignone assieme a «Fabbrica 4D» progetto di Federmeccanica messo in piedi per declinare un «nuovo umanesimo metalmeccanico», fatto di tecnologie ma senza schiacciare la centralità dell’uomo, della donna prima di tutto. Un progetto che conta appunto 600 adesioni tra imprenditrici, manager, lavoratrici e studentesse e che va nella direzione di rendere il lavoro femminile più conciliabile con la famiglia e più performante per l’azienda.
La presenza del presidente di Federmeccanica è anche l’occasione per tracciare il punto sulle cicatrici della crisi strutturale e sulle leve che Bari, la Puglia e il Sud possono azionare per accorciare un riallineamento produttivo ancora lontano nei numeri: «Da due anni i dati macro dell’industria metalmeccanica italiana ci danno segnali positivi in termini di stabilità dell’occupazione, di crescita dei volumi dell’export e di tenuta dei settori chiave come automotive, aerospazio e macchine utensili. Tutto bene? No, se consideriamo che in dieci anni l’industria metalmeccanica ha perso il 23% della sua capacità».
Di ragioni per avvilirsi ce ne. Ma anche per pensare a una ripartenza del Sud: «Su cosa puntare? Sulle eccellenze che abbiamo anche qui in Puglia, specie nei bacini di grandissima competenza. E il nuovo Pignone è la conferma. Eccellenze che sono ormai di un un’area allargata, caratterizzata da tradizioni ultradecennali e da una adeguato mix di competenze all’interno di grandi aziende nazionali e multinazionali, e all’interno di università e centri di ricerca».
Nella Puglia che segna il passo delle piccole realtà la ripresa è guidata dalle «grandi». Ma è una sfida aperta: «Le grandi aziende sono qui da anni e questo significa una filiera dell’indott o che spinge al miglioramento della qualità. Ma questo richiede uno sforzo congiunto che porta alla ricerca di personale sempre più qualificato. Per questo è importante anche da parte delle istituzioni locali capire quali siano i bisogni di questa industria».