La riflessione
Occorre seminare oggi per il turismo di domani
Il turismo del resto è diventato un fattore importante per lo sviluppo di Puglia e Basilicata e va quindi tutelato
Le stime sono incoraggianti. Una corsa alla prenotazione per l'estate che, oltre ai vacanzieri, ha fatto ritornare il buon umore agli operatori del settore dopo un periodo di alti e bassi condizionato dalla pandemia. Ma ora che le vaccinazioni spingono verso il «liberi tutti», che è uno stato d'animo soprattutto psicologico oltre che in «presenza», la voglia di battere il gong per dare inizio alla stagione (montagna, mare o terme poco importa) è straripante e coinvolge eccome anche la Puglia e la Basilicata.
Le nostre regioni sono ormai pronte, e tra giugno e settembre, secondo una recente proiezione, dovrebbero intercettare anche una parte di quei 12 milioni di turisti stranieri in arrivo.
Valgono circa 25 milioni di pernottamenti e provengono in particolare da da Francia, Usa, Gran Bretagna, Germania e Spagna. Il prossimo anno andrà meglio, dicono gli esperti e dal 2023 dovremmo riprenderci i livelli record del 2019, sempre salvo nuovi imprevisti.
Tutto bene dunque? Fino a un certo punto. Parliamoci chiaro. Il core business del turismo italiano e meridionale in particolare è marcatamente domestico: pugliesi e lucani che fanno le vacanze nelle belle località della loro regione o al massimo in qualche area limitrofa; ed ancora, l'ormai consolidata presenza straniera che si rinnova di anno in anno, soprattutto sul mercato tedesco-austriaco; infine gli italiani del nord Italia che scelgono le nostre località per le vacanze estive, dal Gargano al Salento. Ed è proprio intorno al concetto di turismo domestico-nazionale che occorre fare un ragionamento di prospettiva per l'anno che verrà ed il 2023, periodo che si ritiene appunto quello del rientro ai livelli pre-covid salvo complicazioni.
Con le vaccinazioni di massa e un graduale ritorno alla normalità, infatti, nella prossima stagione – che è già domani per chi opera nel settore – il rischio di una fuga all'estero è come dire prevista se non annunciata. Anche gli italiani insomma torneranno a viaggiare verso le mete internazionali: un po' perché c'è voglia di staccare dopo la costrizione forzata dal covid; un po' perché ci sono località emergenti e di grande interesse che, sul piano dei costi, sono altamente competitive rispetto all'Italia. Qualche esempio? Tutta l'area del mar Rosso in Egitto, la tradizionale Grecia, la Spagna sempre in agguato senza dimenticare i dirimpettai della Puglia, la vasta area che va dalla Croazia al Montenegro con l'aggiunta della new entry Albania. Tutte zone che per competere gettano sul piatto della bilancia quella dei costi: dal trasporto aereo all'hotel; dallo svago alla ristorazione. Per questo motivo, senza perdere la partita prima ancora di giocarla, occorre avviare una vasta opera di promozione da una parte ma anche di rimodulazione dell'offerta complessiva dall'altra, non rinunciando in tal senso anche ad politica di incoraggiamento attivo della destagionalizzazione che potrebbe consentire di intercettare flussi oggi diretti altrove, come il turismo cosiddetto climatico per gli anziani nord europei in buona salute e con ottime pensioni, tutto concentrato tra Portogallo e Canarie.
In questi due anni di pandemia, peraltro, sono praticamente mancati i grandi appuntamenti con le borse internazionali del turismo, Milano certo, ma anche Tel Aviv e Dubai dove si concentrano tour operator di caratura internazionale, e che consentono di fare programmazione di medio periodo. Anche questo è un elemento fattuale.
Perché un dato deve essere chiaro, anche per alimentare illusioni, ovvero che la eventuale perdita del turismo domestico diretto all'estero non sarà sostituito con quello internazionale annunciato per il 2023, quando rientreranno definitivamente in Italia i grandi flussi americani, giapponesi, russi e cinesi che – è noto – sono attratti essenzialmente dalle grandi città d'arte (Roma, Firenze, Venezia), dallo showbiz (Milano con la moda ad esempio) e da poche località marine (Taormina, Capri, Positano).
Di conseguenza, attrezzarsi in anticipo per non registrare tra qualche anno importanti flessioni percentuali sul fronte delle presenze turistiche significa fare programmazione tutto l'anno. Il turismo del resto è diventato un fattore importante per lo sviluppo di Puglia e Basilicata e va quindi tutelato dalla concorrenza ed incentivato nella conquista di altri mercati, ma il primo passo verso il viaggiatore dobbiamo farlo noi con una politica dell'accoglienza che vada oltre gli slogan del sole e mare e degli stereotipi della buona cucina.