Il commento
I tre punti di forza nelle parole del premier
Non bisogna cadere nell’illusione: è probabile che dovremo convivere col virus ancora a lungo. Per ora accontentiamoci delle poche ma buone parole di Draghi
Il motto del presidente Draghi appare ormai chiaro e si rifà a un diffuso modo di dire barese, che riportato in Italiano suona più o meno così: «Parla poco e parla bene». E ieri è stata una delle rare giornate in cui il presidente del Consiglio ha aperto bocca. L’ha fatto con l’intento di infondere un po’ di ottimismo prima ancora di dare notizie. Le sue rassicurazioni sono arrivate su tre fronti, ovviamente dipendenti fra loro.
Il primo riguardo quello strettamente sanitario. Il Covid sembra che cominci a battere in ritirata. Sia chiaro non è né una vittoria né si può abbassare la guardia, però gli indici a livello nazionale indicano un miglioramento della situazione con un minor numero di contagi e di presenze negli ospedali. Elementi che portano alla reintroduzione della zona gialla ove possibile.
Nel panorama in miglioramento vi sono però delle eccezioni e, duole dirlo, fra queste c’è anche la Puglia, che dopo aver fatto bene nella primavera scorsa, ora è alla prese con una situazione molto difficile. Ancora ieri era occupato il 47% dei posti in terapia intensiva, quando la soglia d’allarme è fissata al 30%. Così come anche ben oltre la soglia critica del 40% risulta il numero di pazienti nei reparti di malattie infettive e di pneumologia.
Per cui in un’Italia che degrada verso colori più tenui ci saranno ancora – se non intere regioni – diverse aree in zona rossa.
All’andamento della pandemia sono collegate alcune altre novità annunciate da Draghi e riguardano le riaperture. Il tema è diventato esplosivo nelle ultime settimane, quando si sono moltiplicate le proteste di piazza. Fatta la tara di tutti i violenti e gli agitatori di professione che si sono mescolati a chi manifestava, resta il fatto che centinaia di migliaia di persone sono sul lastrico e che chi gestiva negozi o ristoranti non solo non ha più un reddito, ma in molti casi sta perdendo anche la possibilità di riaprire perché deve rinunciare all’attività. Ci sono infatti costi fissi, dalle tasse ai fitti, ai mutui su attrezzature e macchinari, cui bisogna far fronte. Senza contare che la criminalità sta facendo affari d’oro nel rilevare a prezzi di saldo ogni tipo di esercizio. Il primo passo per intervenire e quindi spegnere un po’ la tensione sociale è di riaprire negozi, ristoranti, piscine, palestre. Un obiettivo che però non può e non deve diventare un «liberi tutti», come è successo l’estate scorsa e sappiamo come è finita.
Vi è infine il terzo fronte aperto da Draghi che corre parallelo alle riaperture e cioè la ripresa economica in generale e gli aiuti dell’Europa attraverso i soldi destinati al Fondo per la ripresa, la ripartenza o il recupero che dir si voglia (in Italiano Recovery fund). Draghi è tornato a ribadire la differenza fra debito buono e debito cattivo, lasciando intendere che la gigantesca esposizione economica dell’Italia (ma non solo), anche se ci ostiniamo a camuffarla sotto la burocratica dicitura di «scostamento di bilancio», è da classificare fra i debiti buoni, cioè gli investimenti.
Il problema è – ma questo Draghi non lo ha detto perché lo dà forse per scontato – che anche il debito buono va pagato. Dopo che l’Europa a causa della pandemia ha allentato tutti i vincoli di bilancio degli Stati c’è stata una corsa agli «scostamenti di bilancio». Certo, non si poteva fare altro nella situazione creata dal virus per cui andava potenziata la macchina sanitaria, andavano assunti nuovi medici e personale infermieristico, attrezzati nuovi posti di terapie intensive e via di questo passo. E andavano anche dati ristori a chi non poteva e non può lavorare causa covid o andava rifinanziata la cassa integrazione.
Quindi i debiti li dovremo prima o poi cominciare a pagare e il fatto che tutti i Paesi siano stati costretti a farli non è un buon indizio sul futuro, perché vuol dire che a soffrire sarà l’intero sistema macroeconomico. Non è un problema che si porrà domani e non c’è dubbio che le riaperture sono una questione più urgente e con effetti immediati sulla vita di tutti, però è un altro mostro col quale bisogna prepararsi a fare i conti.
Dopo il discorso di Draghi è naturale che ci sia stato chi ha esultato, chi ha millantato le riaperture come una sua vittoria e chi ha sostenuto che si poteva fare di più. Posizioni legittime e legittimamente espresse a patto però che non diventino né crepe da allargare nella linea prudenziale del governo né inutili «campagne elettorali» per cominciare a scardinare un esecutivo nato per salvare l’Italia dal Covid e da tutto ciò che ha comportato. L’arrivo dell’estate, come hanno dimostrato gli scienziati, rallenterà la diffusione dei contagi e ulteriori miglioramenti arriveranno con la crescita del numero di vaccinati, però non bisogna cadere nell’illusione che il Covid sia stato vinto. È probabile che dovremo convivere col virus ancora a lungo. Per ora accontentiamoci delle poche ma buone parole di Draghi.