Il commento
Vitali, «responsabile», ma solo per una notte
Un personaggio letterario, che ben si adatta alle giornate confuse che si vivono tra Palazzo Chigi, Montecitorio e Palazzo Madama
Una notte da responsabile e una mattina da figliuol prodigo. Nel romanzo politico della nuova crisi di governo del 2021 un capitolo a parte lo merita la performance di Luigi Vitali, detto Gino, senatore di Francavilla Fontana, berlusconiano doc, per poche ore intruppato nei «responsabili pro Conte», salvo tornare nella casa del centrodestra con tante scuse al professore di Volturara Appula. È il simbolo del tempo mutevole, della politica fluida che non prevede conversioni ma adesioni al sentiment del momento, tra like, accensioni delle sfere, pollicioni digitali e innamoramenti che durano quanto un hashtag nei trend topic.
Vitali è un personaggio letterario, che ben si adatta alle giornate confuse che si vivono tra Palazzo Chigi, Montecitorio e Palazzo Madama, e il suo caso non è catalogabile fra i temi da approfondimento politologico, ma nel novero delle più pruriginose scappatelle.
Corteggiato come novella Miss Italia, il senatore brindisino aveva posto sempre un argine ideologico verso possibili svolte progressiste: per lui sarebbe stato inaccettabile sostenere un governo che aveva come Guardasigilli il giustizialista Alfonso Bonafede. Ora, immaginare una conversione garantista da parte dei pentastellati che hanno come ideologo Marco Travaglio era una vera boutade, ma alcune ricostruzioni narrano che Vitali avesse giovedì ricevuto rassicurazioni su un nuovo profilo riformista della coalizione giallo-rossa, pronta a cambiare rotta su giustizia e fisco. Insomma era stato sedotto dai messaggeri del premier, che indossavano la maschera ammaliatrice della maga Circe, convinto che in questo modo desse un contributo alla patria per evitare rovinose elezioni anticipate.
La scappatella, dicevamo. La sua fuga (temporanea) verso sinistra era però stata preceduta da un sms di commiato dai vecchi colleghi azzurri a Palazzo Madama e aveva scatenato un vespaio di polemiche per la gestione del gruppo berlusconiano al Senato. Di contro, in Puglia, il coordinatore regionale azzurro, Mauro D’Attis, aveva salutato il salto vitaliano sul carro di Conte come una sorta di liberazione: «Ciaone, senza rimpianti, non ci mancherai», era stato il post del deputato brindisino.
Ieri mattina Vitali è tornato sui suoi passi, scusandosi con Conte («Ho sbagliato»), e sottolineando come questa volta fosse stato rassicurato da Berlusconi e Salvini, che gli hanno confermato di non volere affatto elezioni in primavera (smentendo di fatto le roboanti dichiarazioni del centrodestra delle ultime ore). Inevitabile l’ira dei Responsabili che con il sottosegretario Ricardo Merlo hanno derubricato il quasi passaggio di Vitali come «una manovra oscura per delegittimare» il nuovo sodalizio europeista.
Vitali, dunque, a qualcuno può apparire erroneamente una sorta di «Sior Tentenna»: negli ultimi mesi, del resto, aveva divorziato da Forza Italia, abbracciato il progetto di Giovanni Toti con «Cambiamo», frequentato la Lega alle regionali, non senza dialogare con il governatore Michele Emiliano. Non si era fatto davvero andare nulla. Nel suo cursus honorum ha aggiunto anche un passaggio, a questo punto brevissimo, nel centrosinistra, dopo una gioventù nel Msi di Giuseppe Tatarella. In realtà, però è rimasto a modo suo, dopo qualche imbarazzante momento di incertezza, fedele all’educazione ricevuta dal papà carabiniere, preferendo la visione di avvocato e di berlusconiano di ferro a una imprecisata avventura amorosa con gli amici del presidente Conte. Per ora, aggiungiamo prudentemente noi.