La riflessione

I tre nodi economici al pettine nel 2021

Gianfranco Summo

Il Covid ha sconvolto anche i riti della politica di fine anno, sui quali storicamente dominava il dibattito sulla manovra finanziaria da approvare in extremis

Il Covid ha sconvolto anche i riti della politica di fine anno, sui quali storicamente dominava il dibattito sulla manovra finanziaria da approvare in extremis. L’immagine più frequente era quella dei parlamentari in aula con il trolley in corridoio pronti a partire verso le vacanze in montagna o ai tropici (o al ritorno a casa per lavorare nei collegi elettorali, come usavano spiegare). Tra oggi e domani la legge di bilancio 2021 sarà licenziata definitivamente dal Senato quasi sotto silenzio, certamente sovrastata dalle manovre sui vaccini e dal dibattito sulla distribuzione delle dosi, laddove lo scorso anno di questi giorni a prevalere era la polemica sulla distribuzione di aiuti e sussidi. Non che manchino anche in questa manovra i sostegni a pioggia. Ma sono talmente ispirati dal Covid e strettamente collegati alle ricadute economiche della pandemia, da aver trasformato la manovra nell’ennesimo Dpcm, una sorta di prolungamento dei decreti-Ristoro delle scorse settimane.

Vengono prorogati fino a marzo sia il blocco dei licenziamenti che la cassa integrazione straordinaria. Ma nel vasto pacchetto lavoro ci sono anche gli sgravi fiscali sulle stabilizzazioni contrattuali soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno e in modo particolare per l’occupazione femminile.
E non sono gli unici vantaggi, si giocano sui crediti d’imposta - una ventina in tutto - anche le altre misure varate per incentivare gli investimenti al Sud, le spese ecosostenibili, sostenere i settori in crisi.

C’è anche uno sgravio apposito per favorire le aggregazioni aziendali: un aiutino a quel Monte Paschi in mano al Tesoro, banca per la quale il governo cerca con urgenza un marito e prova a lusingare Unicredit con un supplemento di dote. Magari lo stesso incentivo potrà servire per la Banca Popolare di Bari a guida pubblica.
Ci sono bonus per acqua e vino: sconti sui sistemi di filtraggio per scoraggiare l’acquisto dell’acqua nelle bottiglie di plastica, e credito d’imposta per incentivare la vendita on line del vino.

Confermati e potenziati tax credit per cinema, acquisto di arredamento e anche per il sistema editoriale con bonus per le edicole e per gli investimenti pubblicitari. Ma proprio da qui si potrebbe partire per una riflessione: prima o poi il governo, questo o un altro, dovranno affrontare in modo strutturale il tema della crisi dell’editoria e del valore dell’informazione come bene primario e sussidiario della democrazia costituzionale. Il provvedimento-tampone è già il riconoscimento di una difficoltà e quindi va bene come dimostrata presa di coscienza. Ma la politica e le istituzioni devono intervenire in modo radicale e coraggioso prima che il settore dell’informazione muoia soffocato dal saccheggio sistematico della produzione professionale, dalla pirateria informatica e dalla disinformazione pilotata e veicolata sui social network.

Un altro pilastro di questa manovra è la rivoluzione dell’assegno familiare, che diventa assegno unico.
Il tutto vale circa 40 miliardi, quasi interamente coperti con nuovo debito. La pandemia ha allentato i parametri e poi si guarda al Recovery Fund come la panacea capace di regalare all’economia quel turbo necessario a intercettare la ripresa quando il virus sarà domato.

Ma il debito pubblico non è sparito e per quello non c’è vaccino. Quella che sta per essere approvata è una manovra di emergenza (e non poteva essere diversamente) e rimpolpa l’elenco delle agevolazioni fiscali che tutti i ministri dell’Economia degli ultimi anni si sono impegnati a razionalizzare; aumenta la dose velenosa di debito; non prevede misure strutturali su previdenza e lavoro.

Con queste tre debolezze faremo presto i conti. Prima o poi (e forse prima di quanto immaginiamo) dovrà essere tolto il blocco ai licenziamenti e finiranno i paracadute straordinari di sostegno alla disoccupazione. E l’effetto frenata, se non adeguatamente ammortizzato da vere politiche su produttività e innovazione, si tradurrà in un tracollo dell’economia reale che non sarà privo di riflessi anche sul settore del credito: quante delle attuali sofferenze si tramuteranno in carta straccia inesigibile? E a quel punto il contagio della crisi economica tornerà a mietere vittime sociali.

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