L'analisi

Dalla corsa al vaccino una lezione per la ripresa

Giuseppe De Tomaso

Ciascuna impresa privata impegnata nella ricerca dell’antidoto anti-Covid è in lotta contro il tempo per fornire a miliardi di persone quella sostanza «miracolosa» in grado di riportare normalità e serenità in ogni angolo della Terra

I privati puntano all’utile. I governi puntano, o dovrebbero puntare, allo scopo. A volte i due obiettivi sono in contraddizione. Ma spesso i due obiettivi possono affiancarsi senza tentare lo sgambetto l’uno ai danni dell’altro. È il caso dei vaccini. Utile (privati) e scopo (governi), in questo caso, coincidono alla perfezione. Ciascuna impresa privata impegnata nella ricerca dell’antidoto anti-Covid è in lotta contro il tempo per fornire a miliardi di persone quella sostanza «miracolosa» in grado di riportare normalità e serenità in ogni angolo della Terra. Ciascun governo non vede l’ora che lo sforzo dei privati sia premiato al più presto e che grazie alla concorrenza tra i gruppi farmaceutici il tasso di efficacia della vaccinazione raggiunga livelli pressoché assoluti.
Mai come nella concitata corsa a trovare il rimedio definitivo al Coronavirus la concorrenza ha messo in evidenza la sua massima virtù, quella di rappresentare la più valida procedura di scoperta, e conoscenza, mai sperimentata dall’uomo. Senza competizione non esisterebbe progresso. Senza competizione la stessa sanità non avrebbe migliorato le prestazioni a beneficio dei malati, di conseguenza la vita media non si sarebbe mai allungata oltre gli 80 anni.

Eppure, nonostante le palesi, strepitose, dimostrazioni di efficienza e di risultati concreti ottenuti, la concorrenza economica non riceve quegli attestati di merito, quei riconoscimenti di valore a cui avrebbe doverosamente diritto. Anzi, la tendenza degli stati, di molti stati, rimane quella di aggirare le opportunità offerte dalla concorrenza per agevolare le posizioni di monopolio e le incrostazioni di rendite. È un vero peccato, perché, da sola la concorrenza rappresenta il trampolino ideale per la crescita socio-economica delle nazioni.
Non sappiamo se, come sembra, la somministrazione del vaccino anti-virus sarà solo questione di un paio di mesi o se dovremo attendere ancora. Oggi, però, tutto lascia intendere che i tempi di attesa si siano accorciati e che presto le drammatiche scene della pandemia potrebbero entrare nell’album dei cattivi ricordi. Se davvero andrà così, se davvero l’uscita dall’incubo non deluderà le aspettative, beh allora si dovrà avviare una proficua discussione anche sui sistemi di rimessa in moto dell’economia. Traduzione: non si potrà fare a meno di prendere atto che la migliore politica industriale di un Paese si fonda innanzitutto sul Fattore Competizione, oltre che sugli altri programmi di infrastrutturazione (soprattutto digitale) da realizzare..

Basti pensare a quella che sarebbe stata la sorte del genere umano se la ricerca e la produzione del vaccino anti-Coronavirus fossero state affidate a un unico soggetto operante sul mercato. Meglio non pensarci. Molto probabilmente oggi si continuerebbe a brancolare nel buio, con buona pace di tutti i futuri possibili contagiati. Invece. Grazie alla competizione tra i ricercatori e fra i gruppi farmaceutici questa prospettiva scoraggiante appare del tutto scongiurata. Anzi, oggi il timore è che, dopo l’annuncio sui passi avanti nella corsa al vaccino, si dimentichino a breve tutte le difese, tutti gli accorgimenti suggeriti dagli esperti per non farsi colpire dal virus, col rischio di peggiorare da qui al Natale la salute dei singoli e il contesto generale.
Ex malo bonum, dicevano gli antichi romani. Dal male viene, o può venire, il bene. Persino da una tragedia planetaria, come la pandemia scoppiata in Cina, potrebbe venir fuori qualche indicazione positiva. Potrebbe venir fuori se al termine del Grande Terrore, dopo la sconfitta del morbo ad opera del vaccino, i governi convenissero sul fatto che la concorrenza rimane il criterio più sicuro per migliorare sia la produttività economica sia la produttività scientifica. E oggi le due produttività, economica e scientifica, sono più che mai coassiali e interdipendenti.

Ovviamente, l’Italia merita, meriterà un monito, un richiamo speciale in proposito, dato che, nella Penisola, la parola concorrenza sembra un oggetto, anzi un soggetto smarrito, sfuggito pure ai radar più penetranti.
Molti dei guai ultimi e recenti dipendono dai continui ostacoli collocati sulla strada della competizione tra le imprese. Pur di preservare rendite monopolistiche arbitrarie, si tirano in ballo argomenti altisonanti e patriottardi, tipo l’interesse nazionale, la strategicità di un settore merceologico eccetera. Per cui, da un lato si tuona - a ragione - contro gli effetti perversi insiti nel sovranismo populistico, dall’altro si agisce a sostegno di un sovranismo economico che, a lungo andare, produce frutti marci già in partenza, dal momento che disabitua a misurarsi, a competere con gli altri.
Speriamo che il finale in rosa della lotta al virus, speriamo che il miracolo costituito dal vaccino espressione della concorrenza, inducano governi e forze politiche (specie in Italia) ad abbracciare, finalmente, la madre invisibile di tutte le scoperte: la concorrenza. Concorrenza utile nei laboratori di ogni tipo, da quelli scientifici a quelli economici. Utile di impresa e scopo di governo possono coesistere e aiutarsi così. Provare per credere. Anche se, purtroppo, tutti i sogni muoiono all’alba.

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