L'ANALISI
Tra fortuna e destino la resistenza alla pandemia
L’individuo si trova oggi a dover auspicare la benefica azione di Fortuna nel grande gioco del caso affinché lo protegga in particolare dall’imperversante virus in attesa di un vaccino che non si sa quando verrà
Venezia riesce finalmente a domare le acque grazie all’intelligente intuito professionale di Elisabetta Spitz, che con saggia efficienza governa il Mose, mentre la città lagunare sembra diffondere il suo carnevale imponendo maschere a un’Italia pandemica - maschere che nascondono il volto con la speranza di intercettare il Coronavirus comunque libero di agire lasciando al misterioso gioco del «Caso» e alla «Fortuna» personale di ogni individuo il compito di un’effettiva protezione.
Torna dunque in auge «Fortuna», nome della dea dell’Olimpo romano preposta al destino degli uomini, spesso raffigurata bendata a indicare un’improbabile imparzialità. «Fortuna», allora, come sinonimo di «sorte», generalmente benigna ma non sempre. Sinonimo anche di «caso» favorevole che interviene senza dipendere da legge alcuna e per questo imprevedibile protagonista di sempre vaghi eventi futuri. Così l’individuo, assediato dalle incertezze della sua vita quotidiana, si trova oggi a dover auspicare la benefica azione di Fortuna nel grande gioco del caso affinché lo protegga in particolare dall’imperversante virus in attesa di un vaccino che non si sa quando verrà.
Fortuna, ancora, che con l’antico uso del lavarsi le mani diviene l’unico vero antidoto al virus, in grado com’è di agire nell'ambito dell'imprevedibile, dell’inatteso, pertanto al di fuori d’ogni deterministica legge che pretenda di rendere scontato il futuro.
Un grande economista americano, Frank Hyneman Knight (1885-1972), in un suo celebre libro dal titolo emblematico Risk Uncertainty and Profit riconosce proprio nell'incertezza una delle caratteristiche dell’esistenza:
«Quello in cui viviamo è un mondo di mutamenti ed un mondo di incertezza». Knight richiama esplicitamente il fattore fortuna come determinante elemento per la sopravvivenza in scenari dominati per l’appunto dall’incertezza: «L'incertezza è uno dei fatti fondamentali della vita. Essa non si può sradicare sia dalle decisioni economiche, sia da quelle di ogni altro campo. […] Se si considera il mondo quale esso è, un mondo dove tutti i disegni e tutti gli atti umani sono pieni d'incertezza, va aggiunto un [altro] fattore, il risultato della fortuna».
Nell'imprevedibilità del quotidiano Fortuna, Caso, Sorte sovente decidono ciò che accadrà connotandolo come fatalità ovvero come espressione della volontà del destino o del fato. Norberto Bobbio, in una significativa pagina del suo De Senectute interpreta così la situazione: «Non so neppure se la mia fine sarà dovuta al caso, imprevedibile e imponderabile, oppure al destino, e quindi a un evento previsto e ponderato sin dall'inizio dei miei giorni, da un potere a me sconosciuto. Non so né voglio sapere. Il caso spiega troppo poco, la necessità spiega troppo». E ancora: «L'unica cosa che credo di avere capito, ma non ci voleva molto, è che la storia, per tante ragioni che gli storici conoscono benissimo ma di cui non sempre tengono conto, è imprevedibile». Dunque, gli avvenimenti che contraddistinguono la storia si manifestano negando il concetto di legge che, nella sua essenza, costituisce a sua volta la negazione di impredicibilità, e soltanto ex post - quando cioè si saranno consolidati proprio nella storia – potranno gli avvenimenti essere spiegati secondo leggi causali.
Nel suo grande Dizionario della Lingua Italiana, Aldo Gabrielli definisce il Destino come «potere supremo, occulto che indipendentemente dalla volontà umana regola il succedersi di ogni evento». Si intravede quindi un senso di inevitabilità, d’ineluttabilità al quale gli individui non possono sottrarsi, a differenza di quando si parli invece di Fortuna o Caso in grado di generare eventi fortuiti, imprevedibili che si manifestano senza una legge ma che possono essere indotti dai comportamenti individuali, soprattutto dall'inevitabile volontà del destino, del fato. In ogni caso i loro effetti rientreranno nella realtà non più come eventualità tipica degli accadimenti probabili, ma come certezza storica di ciò che di fatto già si è determinato.
Proprio la commistione variabile di situazioni attese e di eventi inattesi genera lo scenario complesso in cui si colloca l'individuo, il quale ha difficoltà a capire e quindi anche a esercitare il conseguente governo delle proprie azioni. In tale situazione torna protagonista l’intuito come dote fondamentale che permette di agire. La capacità di percepire la realtà non manifesta in modo diretto e immediato vale a dire senza un ragionamento analitico, senza una riflessione - la capacità cioè di «intuire» in particolare le opportunità che Fortuna propone è una delle necessarie caratteristiche fondamentali per raccogliere successo dagli avvenimenti – caratteristica, questa, di cui fra gli esseri umani la donna è di certo più ampiamente dotata.
Peraltro, l'intuito dovrebbe essere dote fondamentale anche dei leader politici. Gianni Riotta ne discute così in un articolo su Il Corriere della Sera del 20 ottobre 1996, interpretando il pensiero di Sir Isaiah Berlin: «Che cosa vuol dire avere buon giudizio politico, si chiede Berlin, che cosa fa di “Bismarck, Roosevelt, Cavour, Disraeli, Gladstone o Atakurk”, nel bene o nel male, leader capaci di sentire il proprio tempo e dirigerlo con forza?
Non la cultura: l'imperatore Augusto ne aveva anche meno di Claudio, ma era un miglior leader. Né l'intelligenza. Ma la capacità indefinibile, spiega Berlin, di sfuggire alle teorie astratte e cogliere dai mille dati del presente, da conversazioni, letture, osservazioni, dibattiti, litigi, fatti qualunque della vita quotidiana, la realtà. Un intuito, dice Berlin, che i leader politici condividono con i grandi romanzieri, Roosevelt come Tolstoj, Cavour come Proust. Un intuito, non una scienza. L'arte di cogliere per primi il nuovo paradigma, l'audacia per abbandonare il vecchio e rischiare sul nuovo».
Il perdurare di situazioni favorevoli o sfavorevoli trova sempre il proprio naturale limite nel tempo che passa - prima o poi, infatti, ogni situazione avrà una sua conclusione; pertanto la presenza di Fortuna sempre si manifesta con ricorsi saltuari ma per lo più ciclici, anche se difficilmente si riesce a intuirne l'andamento. L’individuo viene pertanto assoggettato a un succedersi di eventi potenzialmente favorevoli o sfavorevoli, il che farà emergere le altre qualità indispensabili per la sua sopravvivenza fra le quali risalta la «tenacia», cioè la capacità di saper resistere, in particolare nelle avversità, con fermezza e con la fiducia che prima o poi le cose dovranno andar meglio. La tenacia si coniuga con altre doti che le sono complementari rappresentate dalla prontezza nell’interpretare positivamente i fatti anche quando nell'insieme si presentano negativi, così da poter cogliere spunti di riflessione ottimistica, ispiratrice di azioni stimolanti, capaci di sollecitare circostanze migliori grazie all’intervento di Fortuna anche quando il contesto si presenta non proprio favorevole.
Riemerge allora la piena sovranità dell'individuo in quanto interprete principale di quella flessibilità interiore che permette di cogliere i segnali di Fortuna. E poiché questi segnali sono per loro natura diffusi e spesso poco percettibili, nascosti, ecco emergere anche la necessità di esercitare il più possibile il proprio istintivo intuito.
Dato che il comportamento di ciascuno è per sua natura caratterizzato da sensibilità e creatività proprie dell'essere umano, l’individuo deve essere capace di trasformarsi da semplice succubo di Fortuna a suo interprete, sia quando essa intervenga prima dell'azione, sia quando si manifesti come effetto complessivo delle azioni compiute, sempre operando con tenacia sia pur faticosa per riconoscerne i segni contrastando la fatalistica – ma purtroppo spesso vera - affermazione di Pindaro: «Nelle azioni è il Caso che decide / la vittoria. Di sforzi / non fare spreco».