Editoriale

Il falso e l’odio due gravi pericoli per il Belpaese

Giuseppe De Tomaso

Scriveva Leonardo Sciascia (1921-1989) che l’Italia è tutta un romanzo poliziesco, ma senza soluzione

Scriveva Leonardo Sciascia (1921-1989) che l’Italia è tutta un romanzo poliziesco, ma senza soluzione. Fosse ancora in vita, forse lo scrittore siciliano aggiornerebbe la sua radiografia del Belpaese studiando l’unico fenomeno che non conosce crisi: l’egemonia dell’eterno ieri. Il passato davvero non passa mai nella nazione più statica d’Europa, che pure, nei secoli, ha dato i natali ai massimi talenti dell’umanità. Il caso dello sfregio alla statua di Indro Montanelli (1909-2001) a Milano è solo l’ultimo esempio.

Pareva che la società italiana si fosse liberata del virus dell’intolleranza endemica e che la pandemia culturale, cioè anti-culturale, fosse solo un ricordo del secolo delle idee assassine. Così non dev’essere se ogni tanto spunta qualcuno che, in nome di un malinteso politicamente corretto, pretende di pronunciare sentenze e di emettere condanne anche nei confronti di chi non è più fra noi, in spregio a ogni elementare forma di buon senso. Il sentimento, o meglio il risentimento, dell’intolleranza non solo non conosce pause, ma tende a dilagare con più virulenza del Covid 19 che ora appare assai meno invasivo rispetto a qualche settimana addietro.

Un Paese che vuole rinascere non può vivere, o sopravvivere, all’insegna del «tutti contro tutti». Che non è un bel vedere, pure all’estero.
continua dalla prima
Non è un caso che gli stati europei insistano ogni giorno sulla necessità che l’Italia si doti di riforme in grado di rendere più trasparente ed efficiente il suo sistema economico, pena la difficoltà, per l’Ue, di sganciare quattrini destinati a perdersi nel recinto delle logomachie al centro e in periferia.

Dicevamo del caso Montanelli. Indubbiamente l’«acquisto» di una sposa bambina, avvenuto durante la guerra d’Etiopia, non costituisce un titolo di merito (semmai di discredito) per il celebre giornalista, anche se, come si dice, bisogna contestualizzare la vicenda, peraltro resa nota dal suo diretto protagonista. Ma la biografia di Montanelli non si riduce solo al suo matrimonio in terra africana. Nella biografia montanelliana le luci prevalgono sulle ombre, tanto è vero che tuttora la grande firma toscana costituisce il simbolo più citato del giornalismo italiano. Altri al suo posto avrebbero lucrato onori e prebende a valanga. Invece, lui, Montanelli, ha rifiutato, per dire, la nomina a senatore a vita decisa da Francesco Cossiga (1928-2010), nonché la nomina a direttore del Corriere della Sera e della Stampa, propostagli dagli editori in diverse occasioni.

Evidentemente non basta. Non basta aver dimostrato durante la propria esistenza un (non frequente tra gli umani) distacco dalle seduzioni del potere e della vanità. La volontà di far male, di colpire anche i nomi dal passato commendevole, è più irresistibile di un tumore maligno.

Intendiamoci. In un Paese libero e culturalmente evoluto, non ci sono, non ci dovrebbero essere, mostri sacri blindati o personaggi al di sopra di ogni sospetto. Ma non ci sono, né ci dovrebbero essere attacchi scriteriati, gesti sconcertanti, linguaggi rancorosi, e soprattutto processi sommari degni di un’eterna Inquisizione. Certo, l’equilibrio non è semplice, nè è facile da raggiungere. Ma senza la virtù dell’equilibrio, nessuna comunità può reggere a lungo.

Del resto, cos’è una democrazia se non la ricerca di un equilibrio costante tra le varie espressioni e anime del potere? Come potrebbe una democrazia sopravvivere a se stessa se questo equilibrio saltasse per la protervia di alcuni e l’indifferenza di altri? Ma anche l’opinione pubblica non deve ritenersi estranea al discorso di cui sopra. Anche a lei vanno chiesti senso di equilibrio e dimostrazione di misura e, soprattutto, conoscenza dei fatti, informazione continua, formazione permanente. Invece, anche a causa del disinteresse diffuso da parte della gente, oggi il sistema mediatico evolve sempre di più verso un mix tra disinformazione (basata sul falso) e misinformazione (basata sull’odio). I casi come l’oltraggio al monumento montanelliano nascono da questo clima, da questa fusione strutturale tra disinformazione e misinformazione. Se a ciò si aggiunge l’osservazione, spesso rilanciata dal grande Indro, che in Italia non regna la solidarietà, ma la complicità, il quadro è completo.

La palla al piede più pesante del Paese non è solo la renitenza a varare regole economiche di tipo europeo, ma anche o soprattutto la tendenza alla demonizzazione e colpevolizzazione sistematica dell’avversario politico, sociale, culturale. Se non si salvano i morti da questo «gioco al massacro», figuriamoci i vivi. Né è consolante sostenere che, tutto sommato, gli intolleranti costituiscono una sparuta minoranza. Primo, perché non sono una minoranza. Secondo, perché sul tandem disinformazione-misinformazione vogliono salire in molti, né questo veicolo viene percepito, dai più, nella sua effettiva pericolosità per l’avvenire della democrazia.

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