La riflessione
Il rebus dei congiunti
E poi il chiarimento per ora ancora ufficioso, in base al quale per congiunti si intenderebbero «parenti e affini, coniuge, conviventi, fidanzati stabili, affetti stabili»
Il chiarimento ci voleva eccome, anche se per il momento è solo verbale e rinvia ai prossimi giorni le indicazioni scritte su come intepretare il Decreto del presidente del Consiglio che ci accompagna nella fase 2 o, come in molti hanno amaramente osservato, in quella che sembra ancora una fase 1,5. E se il lavoro, le urla di dolore degli autonomi e degli artigiani, le giuste proteste del mondo dello spettacolo, le doglianze di quanti ritengono legittimo poter tornare a celebrare e seguire le funzioni religiose hanno il loro peso, il primo dietro-front (tale ci appare), si è dovuto registrare su una parola alla quale finora nessuno aveva mai dato peso: i congiunti.
Già, perché letto a caldo, il decreto dà delle indicazioni severe che rischiavano di far saltare i nervi a molti italiani ben più di una ricrescita dei capelli bianchi, di qualche chilo in più o di una zazzera eccessivamente rigogliosa. Chi erano i congiunti e, soprattutto, chi non erano? Singolare che un governo presieduto da un avvocato e docente di Diritto, circondato comunque da consiglieri giuridici e confortato dal sostegno di una robusta task force abbia scelto di utilizzare un termine così poco tecnico, almeno dal profilo civilistico, considerato che proprio il nostro codice civile non lo impiega mai, premurandosi invece di distinguere fra parenti (in linea retta e collaterale) e affini, stabilendo per i primi anche i gradi oltre i quali la parentela si dissolve; precisazione utilissima, ad esempio, in campo successorio, ma per nulla pregnante al di fuori delle discipline strettamente giuridiche, specie in un Paese nel quale l’idea della famiglia allargata, della cosiddetta «appartenenza» (provate a parlarne con un barese...) è la regola dei legami di sangue e talvolta anche soltanto... di letto!
E i congiunti? Non pervenuti, a meno di non volerne andare a cercare una definizione nel codice penale, che all’articolo 307 li indica in «ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti». E i fidanzati? E le convivenze more uxorio? E le relazioni stabili in cui di comune accordo si decide «ognuno a casa sua?». È bastato il solo pensiero che gli spostamenti in città e in ambito regionale fossero consentiti esclusivamente per andare a trovare la zia che in genere sentiamo solo per gli svogliati auguri di Natale o quel cugino che ci sta sul naso sin da bambini, per scatenare il putiferio.
Hanno cominciato il popolo dei social con post e battute al vetriolo, poi si sono messi in scia i partiti, dall’opposizione a frange della maggioranza, protestando per una disposizione non solo generica e ambigua nella forma, ma anche e soprattutto nella sostanza, considerato che i rapporti in apparenza esclusi dall’allentamento delle restrizioni alla circolazione rappresentano una realtà numericamente significativa e non meno corposa delle unioni matrimoniali. Per non dire che tra i primi a dover subire le conseguenze di una eventuale interpretazione restrittiva, ci sarebbero stati anche dei membri del governo e delle camere...
Poi, appunto, il chiarimento per ora ancora ufficioso, in base al quale per congiunti si intenderebbero «parenti e affini, coniuge, conviventi, fidanzati stabili, affetti stabili». Un piccolo raggio di luce dopo due mesi di buio, affinché l’attesa di quegli effetti che vengano in soccorso delle nostre tasche, sia almeno confortata dal cuore.
Ora però facciamo attenzione a come il chiarimento sarà ribadito ufficialmente non solo nel suo rapporto tra forma e contenuto, ma anche e soprattutto nelle sue possibili indicazioni applicative. Almeno per evitare che, al cittadino fermato sulla strada per raggiungere la persona amata - specie se residente in altro comune della stessa regione - i rappresentanti delle forze dell’ordine non si vedano costretti, insieme con patente, libretto e autocertificazione, a rivolgere domande del tipo: «Da quanto temnpo state assieme? Siamo sicuri che sia una storia seria?».
E poi, cerchiamo di non aguzzare l’italico ingegno per andarcene in giro grazie a fidanzamenti di... convenienza, o per riallacciare i fili di quel genere di amicizie che stabili non sono e sentimentali nemmeno, ma che vengono qualificate facendo riferimento a uno strumento a fiato... E se dopo due mesi di clausura nei quali si è rimasti bloccati in casa con la moglie e pure con la suocera, proprio non si può rinunciare a fare una visita alla «comarella», almeno ci si ricordi di buttare l’autocertificazione prima del rientro.