L'analisi

La renitenza alle regole nel Paese dei furbetti

Beniamino A. Piccone

Un Paese siffatto come può affrontare un’emergenza drammatica come il coronavirus? Con difficoltà.

Le vicende legate alla diffusione in Italia del coronavirus devono indurci a riflettere partendo dal livello di fiducia nel prossimo e verso le istituzioni diffuso nel Paese e dalla negligenza degli italiani a rispettare le regole, fattori che condizionano qualsiasi politica diretta a limitare il contagio. Le statistiche ci dicono che il livello di fiducia nelle istituzioni, nel Parlamento e nel governo è ai minimi (solo il 20% si fida) da un bel po’ di tempo. Come possiamo pensare che gli italiani seguano le disposizioni governative, considerato il fatto che ogni cittadino pensa di saperne di più degli esperti, che la pseudoscienza spesso vince a danno degli scienziati veri?

Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana si è esibito in una diretta online con la mascherina, comunicando il proprio autoisolamento. Ma ve lo vedete Aldo Moro spaventare i cittadini con queste dimostrazioni di pochezza? Il presidente del Veneto Luca Zaia ha dichiarato che non poteva succedere che questa baraonda visto che i “cinesi mangiano i topi vivi”. La classe imprenditoriale italiana che vota in massa questi soggetti potrebbe almeno farsi sentire, visto che la Cina è un partner commerciale fondamentale. Altrimenti per gli imprenditori viene confermato il giudizio che diede il banchiere della Banca Commerciale Raffaele Mattioli: siamo in presenza di “senescenti minorenni”.

In presenza del deficit storico di cultura civica, non ci possiamo meravigliare dei numerosi cittadini di Codogno partiti bellamente per altre destinazioni violando clamorosamente le disposizioni di divieto di uscita dalla “zona rossa”.
La battaglia in corso è anche una disputa tra le narrazioni fornite dalla scienza e dalla pseudoscienza. Proprio in Puglia, nel 1997 il pretore di Maglie Carlo Madaro – non certo un lettore di Karl Popper - impose al Servizio Sanitario di fornire gratuitamente ai pazienti richiedenti i farmaci che compongono il cocktail che diverrà presto noto come il “metodo Di Bella”, replica del “siero” a base di “merda di capra” di Liborio Bonifacio, di dieci anni prima. E il caso “Di Bella”, che si inventò la somatostatina come cura per il cancro senza alcun metodo scientifico? Solo qualche anno fa il laureato in lettere Davide Vannoni riuscì a praticare nell’ospedale pubblico di Brescia (con la Regione Lombardia connivente) cure a base di intrugli magici. Fui poi condannato – troppo tardi - per truffa aggravata.

Nell’età dell’incompetenza, dove vincono i gonzi, non ci si fida della scienza (solo circa il 60% ha fiducia negli scienziati). E sono soprattutto le persone laureate a diffidare del metodo scientifico. Sono insofferenti all’expertise, in quanto autorità costituita che interviene regolando ambiti che ritengono di loro esclusiva competenza. Il fenomeno dei “No Vax” ce lo siamo dimenticato? Dove sono finiti quelli che invocavano la libertà del genitore di rifiutare le vaccinazioni obbligatorie? Fu il ministro della Salute Giulia Grillo, espresso dal “Movimento Cinque Stelle”, a pochi giorni dall’insediamento nella primavera 2018, a prevedere la “dichiarazione sostitutiva di avvenuta vaccinazione”. E fu il disastro, con il diffondersi dell’irresponsabilità parentale. Dove sono finiti gli haters che hanno insultato in continuazione il prof. Roberto Burioni, virologo di fama internazionale? Il paladino dei “Pro Vax“ scrisse su Facebook un pensiero tanto semplice quanto rivoluzionario: “La scienza non è democratica, chi vuole confrontarsi con me, prima studi 35 anni”.

Un Paese siffatto come può affrontare un’emergenza drammatica come il coronavirus? Con difficoltà. E la politica dell’“uno vale uno” dimostra tutta la propria pochezza. Solo gli scienziati di tutto il mondo – che stanno dimostrando un livello di collaborazione eccezionale - potranno scoprire il vaccino e tirarci fuori dal ginepraio di incertezza in cui ci troviamo. La fuga verso l’orto di casa, innalzare barriere di protezione del nostro “particulare” (Guicciardini, cit.) non è certo una soluzione possibile.

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