L'analisi
Puglia, la sfida dei sovranisti
La doppia prova di forza di Salvini e Meloni in Puglia non è certo passata inosservata
La doppia prova di forza non è certo passata inosservata. Le incursioni baresi di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, con tutto il codazzo di numeri, foto ed esultanze varie a corollario del successo ottenuto, spingono i sovranisti ad alzare la testa. E a ipotecare una candidatura che, almeno per estrazione partitica, non sarà moderata.
Certo, i due leader non si sono manifestati insieme, ma separati, a 24 ore di distanza l’uno dell’altra, quasi a simulare un confronto a distanza che però non deve essere declinato come un spaccatura. Tutt’altro. Fioccano i complimenti reciproci per le affermazioni di piazza e, comunque vada, il candidato sarà di certo unitario: non è un mistero che Raffaele Fitto, co-presidente del gruppo europeo dei Conservatori, sia un passo dall’investitura.
E tuttavia alla chiusura della partita manca ancora un tassello decisivo: l’ufficialità. Lo confermano la prudenza della Meloni nel lanciare l’ex governatore («se toccherà a noi...») ma anche le dichiarazioni dei leghisti pugliesi che, dopo la calata del Capitano, oltre a gongolare per le tante presenze in sala, rilanciano sul tema. «A questo punto le fughe in avanti non sono una buona idea. La partita non è chiusa perché l’accordo nazionale non è ufficiale», osserva il deputato Rossano Sasso. E il nodo sta tutto qui. La Lega Puglia vuol convincere Salvini a giocare la partita del Tacco, candidando l’attuale presidente dell’Invimit, Nuccio Altieri. Alla radice di questa volontà una doppia ragione: la malcelata perplessità sul nome di Fitto e la consapevolezza di potersi giocare una partita importante. Il Capitano, che s’era assicurato le tre Regioni del Nord (Emilia, Toscana e Veneto), ha preso atto della richiesta e, a quanto si apprende, pare abbia promesso di tenere gli occhi aperti sulla questione.
D’altra parte, ed è necessario ricordarlo, il tavolo nazionale del centrodestra aveva già assegnato la Puglia a Fratelli d’Italia. E i meloniani, dopo aver saturato piazza San Ferdinando a Bari, storico palcoscenico della destra, non sembrano affatto disposti a rinunciare: «La risposta della piazza barese è stata notevole e il partito è in costante crescita - osserva il deputato Marcello Gemmato -. Il tavolo ci assegna la guida della Regione. Noi siamo pronti, attendiamo l’ufficialità». Cosa, a questo punto, potrebbe far saltare l’accordo? E, soprattutto perché, se la quadra è stata trovata, latita ancora l’ufficialità? Il nodo rimane la Calabria dove ancora un candidato non c’è. Da programma toccherebbe a Forza Italia, ma i nomi proposti dagli azzurri (i fratelli Occhiuto) hanno trovato l’opposizione della Lega. Poi, il rilancio con Jole Santelli, ma ancora non si odono squilli di tromba. Anzi si moltiplicano le voci su tensioni e possibili scissioni, dilazionando ulteriormente i tempi. Questo vivere «come color che sono sospesi» regala qualche margine di manovra al pressing dei leghisti pugliesi e costringe i meloniani a tirare il freno. L’unica certezza, però, è che il tempo stringe. Le liste per il voto calabro devono essere consegnate entro il 27 dicembre, vale a dire fra meno di dieci giorni.
Per allora, il nome dovrà essere sul tavolo e, con esso, anche l’ufficializzazione dell’accordo generale. Dunque si tratta di aspettare giorni, se non ore, anche per lo «sblocco» della partita pugliese. Nel frattempo, le posizioni in campo sono note: la Lega ci prova, Fratelli d’Italia tiene il punto, mentre i moderati, a fronte dell’esuberanza degli alleati, scelgono al momento un profilo basso, quasi impalpabile. Tutti, però, promettono unità e coesione comunque vada a finire. Ora non resta che attendere.