L'analisi
È vero esiste un’altra Taranto
Una Taranto libera da schiavitù vecchie (l'acciaio prima statale, poi Ilva ora ArcelorMittal) e nuove, almeno per i giorni del Medimex
TARANTO - Esiste un’altra Taranto: bella, vivace, animata di giovani e di turisti, piena di allegria e sgonfia di dolore, capace di sognare e sperare, di sentirsi cittadina del mondo e non trincea di morte e veleni. Una Taranto libera da schiavitù vecchie (l'acciaio prima statale, poi Ilva ora ArcelorMittal) e nuove, almeno per i giorni del Medimex, una Taranto capace di fare notizia per le foto di Patti Smith tra i venditori di cozze o a spasso per la città vecchia.
Vedere il cuore della città vivo sino a notte, pieno di pugliesi, italiani e stranieri rapiti dalla bellezza del lungomare e del suo straordinario tramonto, costituisce la migliore medicina possibile ad anni in cui da Taranto si solo è preso – valore, sudore, vita, gioventù – e portato altrove. Anche perché glielo abbiamo fatto fare, convinti che vittimismo e richiesta di assistenza alla fine avrebbero pagato come la storia tarantina più o meno recente insegna; perché lo ha consentito una classe politica spesso incapace e non lungimirante, alcune volte preda dell'egoismo più spicciolo, altre totalmente non in grado di incidere sulle scelte del Governo nazionale.
Il passato di Taranto non lo cambierà nessuno ma sul futuro bisogna lavorare tutti, nessuno escluso, facendo la propria parte, esprimendo i propri desideri, offrendo la propria idea di città, di riconversione e di sviluppo economico, lasciando quelle ormai sempre meno postazioni che garantiscono una rendita di posizione destinata o a scomparire o a restare in un contesto sempre più desertificato. Per anni l'immagine di Taranto è stata associata a veleni e morte. Una associazione giustificata dal processo per il disastro ambientale più grande d'Italia, dalle malattie (non passate) e dai lutti (non finiti), dalla contaminazione di un territorio che attende bonifiche e risposte chiare dallo Stato.
Il negazionismo non serve a niente e a nessuno ma si può, e si deve, cominciare a lavorare per un futuro nel quale la pacca sulla spalla o l'abbraccio di circostanza sia accompagnato dall'impegno concreto e tangibile perché non accada mai più. L'immagine della rockstar Patti Smith alle prese con le nostre cozze è emblematica: può costituire un formidabile volano turistico e commerciale per la nostra mitilicoltura a patto che ci sia la volontà di tutti gli attori del comparto di far sì che chi mangia le cozze di Taranto abbia la certezza intanto che siano di Taranto, e non importate da paesi vicini; e che siano allevate in luoghi sicuri per la salute. La stagione delle improvvisazioni, dei colpi di spugna, della superficialità, del benaltrismo ha prodotto enormi guasti, è arrivato il momento che vada in archivio definitivamente, per il bene nostro e dei nostri figli. Si può fare. Si deve fare.
(foto Todaro)