La riflessione
Da agosto ad agosto la capitanata in attesa
«La provincia-regione sfiancata dalla presenza criminale di tre mafie distinte ma agguerrite, quella garganica, quella cerignolana e la cosiddetta Società foggiana»
Le stragi di agosto. Da un anno all’altro. Dalla mattanza della mafia garganica a San Marco in Lamis il 9 agosto di un anno fa alle morti «bianche» degli extracomunitari, vittime di incidenti stradali con la targa del caporalato, ovvero sfruttamento se non schiavizzazione nei campi della Capitanata. Due stragi che diventano occasione - ci vogliono sempre i morti, e in gran quantità per avere attenzione - per trasformare due questioni essenziali per il futuro della provincia di Foggia da locali a nazionali.
Un premier (Conte) e due ministri degli Interni (Minniti prima, Salvini ora) corsi al capezzale di una terra che continua a ballare sull’orlo del precipizio in attesa di essere salvata dal rischio di perdersi nell'illegalità.
Da agosto ad agosto per tratteggiare i contorni di una provincia-regione sfiancata dalla presenza criminale di tre mafie distinte ma agguerrite, quella garganica, quella cerignolana e la cosiddetta Società foggiana, e alle prese con problemi endemici, quello del lavoro nei campi, che fino a quando c’era Di Vittorio era sfruttamento e che ora con la globalizzazione è diventato schiavitù.
Da agosto ad agosto per scoprire, ad esempio, che la mattanza di San Marco in Lamis resta ancora impunita: quattro morti, tra cui il boss di Manfredonia, Mario Romito, e due contadini innocenti trovatisi nel luogo sbagliato e al momento sbagliato, i fratelli Luciani. Certo, si lavora alle ipotesi, mancano i pentiti e comunque in un anno di rastrellamenti da parte delle forze dell’ordine sono state sequestrate armi e droga, rinvenuti nascondigli e grotte-cimitero, eseguiti diversi arresti. Ma è evidentemente un bilancio in chiaroscuro che ha bisogno di ulteriori sforzi: da parte della magistratura e delle forze dell’ordine, ma anche della società civile che non può di certo rimanere in attesa degli eventi ma ritrovare un protagonismo appunto «civile».
Da agosto ad agosto per rendersi conto che nello sterminato Tavoliere, oltre cinquecentomila ettari coltivati in una sola provincia (non c’è altro posto del genere in Italia), lo sfruttamento del lavoro nei campi per le raccolte agricole (dal pomodoro agli ortaggi, dall’uva alle olive) ha passato la mano allo schiavismo più becero. Così se non si è morti nei campi come nel Barese e nel Leccese, è la «tragica fatalità», ovvero l’incidente stradale, a far scoprire l’enormità del fenomeno: quattro in un incidente, altri dodici in un altro sinistro fanno sedici vittime. La strage dei cappellini rossi, il colore dei pomodori che raccoglievano, quello del sangue versato sulle strade. Ma derubricare questi incidenti a «sinistri stradali» significa rinunciare a vedere il fenomeno che ha invece una sua tracciabilità e che porta dai ghetti alle campagne attraverso l’intermediazione dei caporali e alla accondiscendenza delle imprese agricole. Non sarebbero del resto appena 80 su 27 mila, le aziende agricole iscritte alla rete del lavoro agricolo di qualità, la cui cabina di regia è presso l’Inps. Il resto di quelle aziende come assume manodopera?
Ora che i «fatti» sono diventati nazionali è evidente che bisogna lavorare ai rimedi, non iniziative tampone ma atti di lungo periodo, in grado di incidere sul tessuto sociale.
Da agosto ad agosto sul fronte della lotta alla criminalità mafiosa sono stati fatti passi in avanti: l’istituzione del reparto prevenzione crimine a San Severo; il potenziamento del Ros dei Carabinieri a Foggia; l’istituzione dei Cacciatori delle Puglie sul Gargano; anche il reparto dei carabinieri a cavallo sempre sul Gargano; la collocazione a Foggia dei «baschi verdi», reparto speciale della Finanza. Qualcosa (poco) è arrivato per gli organici della magistratura, ma Foggia attende l’istituzione della Dia e soprattutto della Direzione distrettuale antimafia (depositato in Parlamento il disegno di legge).
Quanto al «caporalato», oltre ad applicare per intero la legge, con o senza i correttivi annunciati, va fatto il tentativo di dar vita alla rete del trasporto pubblico senza trascurare i controlli preventivi e repressivi lungo le strade dove sfrecciano minibus, camion e suv stracarichi dei nuovi schiavi diretti nei campi di lavoro e, purtroppo, anche ai cimiteri.